Wednesday, March 25, 2009

Orange Prize for Fiction 2009 - Longlist

The Orange Prize for Fiction is awarded to novels written in the English language and written by women. This is the longlist for this year (I have highlighted what appeals to my senses as a reader and I will be giving you the plots in a nice post pretty soon):

"The Household Guide to Dying" by Debra Adelaide (Australia)
"Girl in a Blue Dress" by Gaynor Arnold (UK)
"Their Finest Hour and a Half" by Lissa Evans (UK)
"Blonde Roots" by Bernardine Evaristo (UK)
"Scottsboro" by Ellen Feldman (USA)
"Strange Music" by Laura Fish (UK)
"Love Marriage" by V.V. Ganeshananthan (USA)
"Intuition" by Allegra Goodman (USA)
"The Wilderness" by Samantha Harvey (UK)
"The Invention of Everything Less" by Samantha Hunt (USA)
"The Lost Dog" by Michelle de Kretser (Sri Lanka/Australia)
"Molly Fox's Birthday" by Deirdre Madden (Ireland)
"A Mercy" by Toni Morrison (USA)
"The Russian Dreambook of Colour and Flight" by Gina Oschner (USA)
"Home" by Marilynne Robinson (USA)
"Evening is the Whole Day" by Preeta Samarasan (Malaysia)
"Burnt Shadows" by Kamila Shamsie (Pakistan)
"American Wife" by Curtis Settenfeld (USA)
"The Flying Troutmans" by Miriam Toews (Canada)
"The Personal History of Rachel DuPree" by Ann Weisgarber (USA)

Monday, March 23, 2009

8. “Things Fall Apart” di Chinua Achebe

Anno di prima pubblicazione: 1958
Genere: romanzo
Paese: Nigeria
In italiano: Il Crollo di Chinua Achebe, edito da E/O nella collana I Leoni (2002), € 14

Sull’autore: Chinua Achebe è nato nel 1930 in Nigeria, da genitori protestanti. Ha studiato sia in Nigeria che a Londra, diventando poi professore emerito alla University of Nigeria. Ha scritto più di 20 libri, tradotti in oltre 50 lingue. Things Fall Apart (1958) è il suo libro più famoso ed ha avuto una grossa influenza nello sviluppo della letteratura post-coloniale non solo della Nigeria, ma di tutto il continente africano. Achebe ha vinto, tra gli altri premi, il Commonwealth Poetry Prize per il suo libro di poesie Beware, Soul Brothers and Other Poems (1971). Ho parlato di Chinua Achebe anche in occasione della recensione di Heart of Darkness di Conrad (qui), perché l'autore nigeriano ha scritto un bellissimo saggio sul perché secondo lui Cuore di Tenebra è un romanzo razzista (concordo, anche se Conrad era un uomo del suo tempo, come Kipling d'altronde).

Trama: Okonkwo è un grande guerriero: la sua fama si è estesa in tutta l’Africa Occidentale ed è uno degli uomini più potenti del suo clan. Purtroppo ha anche un brutto carattere: determinato a non essere come suo padre, si rifiuta di mostrare segni di debolezza – anche se l’unico modo in cui può mostrare i propri pensieri è con la forza. Quando degli stranieri, dei bianchi, minacciano le tradizioni del suo clan, Okonkwo usa di nuovo la forza. L’orgoglio pericoloso di Okonkwo lo porterà alla rovina.

Alcuni pensieri: Sulla copertina della mia versione di Things Fall Apart c’è scritto “The writer in whose company the prison walls fall apart” – Nelson Mandela. Fa un po’ impressione sapere che Nelson Mandela leggeva questo romanzo nella cella durante la sua prigionia e mi fa capire quanto questo libro sia importante per la storia della letteratura africana. Nel mio percorso di lettura personale questo libro fa parte dei capisaldi di letteratura africana che voglio leggere (ho anche appena finito Une si longue lettre di Mariana Bâ e a breve intendo comprarmi Nervous Conditions di Tsitsi Dangarembga).
Il libro in definitiva mi è piaciuto parecchio: è affascinante leggere delle tradizioni nigeriane prima dell’avvento del cristianesimo. Ho sentito in questa intervista per BBC World Service che lo scrittore ha fatto delle ricerche per descrivere questo tipo di società che ovviamente lui non conosceva per esperienza diretta. Una delle forze del libro, a mio parere, è l’assenza di un punto di vista monolitico riguardo all’arrivo degli europei e del cristianesimo in Nigeria: alcuni pregiudizi, per esempio, l’abbandono dei gemelli nella foresta perché ritenuti spiriti maligni, vengono ovviamente ripudiati da coloro che abbracciano il cristianesimo, mentre altre tradizioni e rituali che avrebbero potuto portare ad un sincretismo religioso particolarmente interessante vengono spazzati via senza pensarci due volte. Chinua Achebe non giudica il cristianesimo o l’animismo come religioni, ma piuttosto descrive l’invadenza di una cultura e di una religione altra in un villaggio che forse non è pronto.
Okonkwo, a mio parere, si avvicina molto all'Eugene di Purple Hibiscus (un romanzo di Chimamanda Ngozi Adichie, una giovane scrittrice nigeriana, vedi qui la recensione). Infatti mi sembra di ricordare (credo sempre da una di queste interviste per la BBC) che lei si sia ispirata a lui e abbia cercato di riprodurre l’atmosfera del libro. Certamente Chinua Achebe è una grossa influenza per tutti gli scrittori nigeriani, essendo tra i più importanti scrittori del paese insieme a Wole Soyinka, Ben Okri e Christopher Okigbo. Okonkwo ha le stesse debolezze di Eugene: se da una parte è un uomo che è riuscito a diventare ricco lavorando sodo e partendo da zero ed ha ottenuto il rispetto di tutto il clan per questo, dall’altra non è capace di condurre una vita familiare serena. Okonkwo è infatti dispotico e violento in casa, sia con le mogli che con i figli, in modo molto simile a quello del padre di Jaja e Kambili.
E’ ovvio che la letteratura africana degli anni ’50 (il libro è stato pubblicato per la prima volta nel 1958) era ancora un po’ acerba. La narrazione infatti è delle volte - come dire - un po’ piatta, ma in definitiva è un bene che sia diversa da quella di un comune romanzo inglese o americano dello stesso periodo o precedente.

Thursday, March 19, 2009

Man Booker International Prize 2009

The Man Booker International Prize differs from the annual Man Booker Prize for fiction in that it highlights one writer's continued creativity, development and overall contribution to fiction on the world stage (sort of like the Nobel Prize in Literature I would say). It is awarded every two years. This year's contestants are:

Peter Carey (Australia)
Evan S. Connell (USA)
Mahasweta Devi (India)
E.L. Doctorow (USA)
James Kelman (UK)
Mario Vargas Llosa (Peru)
Arnošt Lustig (Czechoslovakia)
Alice Munro (Canada)
V.S. Naipaul (Trinidad/India)
Joyce Carol Oates (USA)
Antonio Tabucchi (Italy)
Ngugi Wa Thiong'O (Kenya)
Dubravka Ugresic (Croatia)
Ludmila Ulitskaya (Russia)

I am proud that there is an Italian author on the list. I have always wanted to read Tabucchi's Sostiene Pereira, set in 1930s Portugal during Salazar's dictatorship, and I hope this will give me a push and make me buy the book on my next trip to Italy. I have read a couple of novels by Vargas Llosa (El paraiso en la otra esquina and Los cachorros) and I think he is a wonderful writer. I also want to read La tia Julia y el Escribidor some time soon. Of course, I'd love to read a book by any of these writers, it's just amazing that even though you keep reading and reading there are always some writers you haven't still "tried"...

Thursday, March 12, 2009

Commonwealth Writers' Prize - Regional Winners

The Regional Winners for the Commonwealth Writers' Prize have been announced yesterday. Here they are:

Best Book
Mandla Langa (South Africa) The Lost Colours of the Chameleon
Marina Endicott (Canada) Good to a Fault
Jhumpa Lahiri (United Kingdom) Unaccustomed Earth
Christos Tsiolkas (Australia) The Slap

Best First Book
Uwem Akpan (Nigeria) Say You're One of Them
Joan Thomas (Canada) Reading By Lightning
Mohammed Hanif (Pakistan) A Case of Exploding Mangoes
Mo Zhi Hong (New Zealand) The Year of The Shanghai Shark

I was right about Jhumpa Lahiri winning over Salman Rushdie, Mohammed Hanif and Uwem Akpan, but I didn't expect Aravind Adiga not to win (he was nominated in two categories!). It proves that the Commonwealth Writers' Prize it's independent from the Booker Prize.

Monday, March 9, 2009

Che libro fa... in Canada

Adoro la rubrica "Che libro fa..." che appare ogni sabato nell'inserto Tutto Libri de La Stampa. Da molto tempo aspettavo che uscisse un paese "di quelli miei" (= Commonwealth). Questa settimana è uscito "Che libro fa... in Canada":

"Metà dei canadesi non sono in grado di nominare neppure uno scrittore canadese, anche se magari ne leggono. La solita ricerca statistica sulla lettura fornisce, in quei paraggi, qualche dato sconcertante. In media i canadesi leggono circa 17 libri all'anno, soltanto il 12% dichiara di non leggere mai, e fin qui c'è soltanto da leccarsi le ferite, al confronto con le percentuali italiane. Che le ore settimanali dedicate alla lettura siano ai minimi fra gli adolescenti (4,3) non stupisce, che lo siano, chissà perché, in particolare fra quelli del Québec (5,4) un poco sì. Ma Leonard Cohen, Alice Munro, Michael Ondaatje, Mordecai Richler, Douglas Coupland e altre glorie letterarie nazionali risultano sconosciuti a metà dei loro compatrioti: fra chi sa citare almeno uno scrittore, la più popolare è Margaret Atwood. Pessimamente qualificati anche autori molto premiati e pompati come Yann Martel o Anne-Marie MacDonald. D'altronde, pare che soltanto un terzo delle scuole tenga corsi di letteratura canadese. Ma molti degli intervistati dai giornali che, ovviamente, hanno approfondito la notizia, accusano gli scrittori locali di elitismo. Non c'è uno Stephen King indigeno, non c'è una J. K. Rowlings, lamentano. L'imperialismo dei vicini Stati Uniti crea bizzarri cortocircuiti: molti leggono scrittori canadesi senza sapere che sono canadesi, e qualcuno dice perfino che «Margaret Atwood deve essere americana, visto che è famosa in tutto il mondo». Che strana percezione di se stessi. Masochismo culturale, dicono in molti. Nel frattempo ha chiuso il BookExpo, e chiuderanno molte riviste culturali perché il governo conservatore fra molte proteste ha tagliato i fondi alle testate da meno di 5000 copie. Che sarebbero, peraltro, il vivaio dei nuovi autori. Alla prossima indagine nessuno dichiarerà di avere letto scrittori canadesi semplicemente perché non ce ne saranno più, fra politiche culturali massificate e editoria idem? Mentre, in effetti, il nazionalismo letterario appare come una battaglia residuale contro l'industria multinazionale dei bestseller, a sorpresa in piena crisi i dati sulla vendita dei libri sono eccellenti: in gennaio +10% di copie, ovvero +6% di fatturato. Non specificata la nazionalità dei più venduti." (fonte: Tuttolibri, in edicola sabato 7 marzo)

Sunday, March 8, 2009

Italiene


La festa della donna in Italia è celebrata con tanta leggerezza, è semplicemente il giorno in cui gli uomini regalano le mimose alle donne: fidanzate, mamme, suocere, amiche e colleghe di lavoro, tutte ricevano se non i fiori almeno gli auguri. In realtà la Festa delle Donne è stata creata per ricordare quelle donne che in passato sono state discriminate, in particolare sul posto del lavoro, e che hanno lottato per ottenere migliori diritti. Anziché un giorno di festa, che si sta commercializzando sempre di più ogni anno, dovrebbe essere un giorno di riflessione. Si potrebbe avere un giorno di festa se le discriminazioni contro le donne fossero finite. Ma nel nostro paese, l’Italia, le donne sono completamente emancipate? No, non lo sono purtroppo. Siamo uno dei paesi in Europa dove le donne hanno minor potere, certo possono diventare sindaco e persino Primo Ministro, ma questo succede raramente. C’è solo una donna italiana che è quasi diventata capo del governo, rinunciando però poi all’incarico. Sapete chi è? Scervellatevi pure per qualche minuto. E’ Sonia Gandhi, in India. E questo la dice lunga.
In Italia, le donne guadagnano in media il 75% di quello che guadagna un uomo per lo stesso lavoro. Le donne in Parlamento sono molto poche rispetto alla media europea e se ci sono non hanno un ruolo importante. Le ministre elette dal nostro premier sono famose più per il loro bell’aspetto e poco per i loro meriti, addirittura una è un’ex soubrette e un’altra è andata a fare l’esame per l’abilitazione di avvocato in un’altra città, evidentemente perché non riusciva a passarlo nella sua. Il nostro beneamato premier, poi, ogni tanto ci regala delle perle maschiliste stupende, dal criticare Zapatero per aver scelto troppe donne nel suo Governo ad affermare che Eluana Englaro potesse rimanere incinta nonostante fosse in coma da 17 anni. Per non parlare degli stupri poi: non sono gli immigrati a stuprare le donne, sono gli uomini a stuprare le donne. Nella maggior parte dei casi è un amico o un conoscente a commettere lo stupro, qualche volta persino il fidanzato. L’Italia è il paese dove solo pochi mesi fa si è cercato di mettere mano alla legge 194, quella sull’aborto. L’idea è venuta ovviamente dagli uomini. Ma che cosa ne sanno loro che con il loro seme possono impregnare chi vogliono ma poi non ne subiscono le conseguenze?


Non c’è bisogno che ci facciate una festa solo per chiedere scusa se qualche volta ci avete obbligato a rimanere a casa a cucinare e badare alla famiglia quando volevamo lavorare e dare un contributo alla società, se qualche volta ci avete maltrattate e non considerate degne di iscriverci all’università (sì, pure questo ho dovuto sentire), se ci avete riso dietro per aver tentato di dare la nostra opinione sulla politica. C’è bisogno che in questo giorno pensiate a tutto quello che c’è ancora da fare e c’è bisogno che prima di regalare una mimosa ad una donna pensiate bene se avete o no rispettato le donne della vostra vita, come quando si va a prendere la comunione che se non hai la coscienza a posto non ci vai. Quindi dico a tutti gli italiani, uomini e donne, perdete un minuto della vostra vita per pensare a queste cose. Poi ne riparliamo.

Tuesday, March 3, 2009

Italieni - Memole Version

Italieni 2009 # 6:

Comincio con una bella notizia: quest'articolo de La Tribuna di Treviso riporta la presenza di alcune impiegate con il velo (o l'hijab, come sarebbe più corretto dire) negli uffici del Comune in giro per la provincia, più alcuni altri impiegati (assunti con un contratto a tempo determinato) che parlano bene le lingue degli immigrati nella provincia di Treviso: arabo, albanese e cinese. Quante volte in coda ad uno sportello del Comune o della ASL non abbiamo sentito un'impiegata sforzarsi di far capire ad uno straniero che parla poco l'italiano come funziona la complicatissima burocrazia italiana? E quante volte avremmo voluto che lo straniero rispondesse: "Hey, sono straniero, non stupido"? Ecco risolta la questione. Più o meno...

Memole dice: Bella iniziativa, non lo metto in dubbio. In realtà è un po' uno specchietto per le allodole, perché sono abbastanza sicura che si tratti solo di volontari, in quanto le amministrazioni leghiste sono molto restie a spendere anche solo 5 lire in questioni riguardanti l'integrazione degli immigrati, anche se questi in alcuni comuni della provincia arrivano ad assere il 20 % degli abitanti. Nel mio comune, ad esempio, si sono rifiutati di darci uno spazio dove fare il laboratorio di italiano (per non parlare di soldi), cosicché dobbiamo usare la canonica gentilmente offerta dal parroco (e quasi nessuno tra gli studenti è cristiano). A me sembra un po' che quotidiani come La Tribuna cerchino disperatamente di dimostrare che Treviso non è poi così chiusa nel confronto dei migranti e degli stranieri in generale, dimostrando grande stupore e facendo sembrare che sia una grande concessione avere un paio di impiegati marocchini in comune, mentre queste cose dovrebbero essere la norma. Qui in Inghilterra lavoro in una scuola dove la segretaria è iraniana e porta il velo, una professoressa di inglese è di origine indiana e due prof di religione sono africani. Ed è tutto normale, nessuno è esaltato e si auto-elogia per questo. La tolleranza non dovrebbe essere una concessione. Anzi è proprio la parola tolleranza ad essere sbagliata perché nella sua etimologia implica il concetto di concessione, cioè il tollerare, il sopportare, ma non il convivere serenamente.

Italieni 2009 # 7:

Ho letto ieri nel Guardian una specie di sondaggio che è stato fatto nelle strade di Manhattan. Un giornalista girava con una foto del primo ministro britannico Gordon Brown, chiedendo ai passanti se lo conoscessero. Naturalmente nessuno l'ha riconosciuto, visto il poco carisma e l'ignoranza presunta degli americani (digitate 'Dumb Americans' su you tube e non crederete alle vostre orecchie). Chissà cosa succederebbe se girassimo per Londra con la foto del Cavaliere, chiedendo ai Londoners chi è costui... Magari un giorno di questi lo faccio! E se provo con Franceschini (emoticon diavoletto che non ho...)?

Parole (it)aliene rebus:

Ma Berlusconi ha detto "Moi, je t'ai donné la tua donna" (come sostiene la tv francese leggendo il labbiale) o "Tu sais que j'ai etudié a la Sorbona" (come sostengono i berlusconiani)? E' peggio che quando si cercava di capire che cosa ha detto Materazzi quella volta! Tranquille donne del Bel Paese, in realtà, siccome il nostro Premier è acculturato ed ha (forse) studiato alla Sorbona, la donna in questione è la Monna Lisa, gentilmente concessa dagli italiani ai cugini d'oltralpe...

Commonwealth Writers' Prize 2009 - Shortlist

The shortlist for the Commonwealth Writers' Prize 2009 has been announced and we will know the eight regional winners in a few days.
Now, I would like to comment on the prize and on the shortlist. Four years ago Amitav Ghosh (the writer of, among others, Sea of Poppies, shortlisted for the Man Booker Prize and on my TBR list), withdrew from the competition criticizing the fact that only books written in English can enter the competion, thus ignoring books written in the vernacular languages. Salman Rushdie even wrote an angry essay called "Commonwealth Literature Does Not Exist", where he argues that literature is not an expression of nationality. As a matter of fact, looking at this shortlist, it is difficult to label writers. For what reason do you label The White Tiger as an Australian book and put him in the first section, instead of the second? Even though Adiga has dual citizenship, Indian and Australian, The White Tiger is an Indian book, no matter what you say. And what about Jhumpa Lahiri (writer of The Namesake)? She considers herself an American and that should be it. But then she could not enter the competition, so here you go, let's label her as an English writer (she might have English citizenship because she was born in London, even though she grew up in the States).

Best Book Award: South East Asia and the South Pacific
Aravind Adiga “Between the Assassinations” (India/Australia)
Helen Garner “The Spare Room “ (Australia)
Joan London “The Good Parents” (Australia)
Paula Morris “Forbidden Cities” (New Zealand)
Christos Tsiolkas “The Slap” (Australia)
Tim Winton “Breath” (Australia)

Best First Book Award: South East Asia and the South Pacific
Aravind Adiga “The White Tiger” (Australia)
Nam Le “The Boat” (Australia)
Mo Zhi Hong “The Year of the Shanghai Shark” (NZ)
Bridget Van der Zijpp “Misconduct” (NZ)
Preeta Samarasan “Evening is the Whole Day” (Malaysia)
Ashley Sievwright “The Shallow End Clouds of Magellan” (Australia)

Best Book Award : Europe and South Asia
Chris Cleave “The Other Hand” (UK)
Shashi Deshpande “The Country of Deceit” (India)
Philip Hensher “The Northern Clemency” (UK)
Jhumpa Lahiri “Unaccustomed Earth” (UK)
David Lodge “Deaf Sentence” (UK)
Salman Rushdie “The Enchantress of Florence” (UK)

Best First Book Award: Europe and South Asia
Sulaiman Addonia “The Consequences of Love” (UK)
Daniel Clay “Broken” UK
Joe Dunthorne “Submarine” (UK)
Mohammed Hanif “A Case of Exploding Mangoes” (Pakistan)
Murzaban F. Shroff “Breathless in Bombay” (India)

Best Book Award: Canada and the Caribbean
Marina Endicott “Good to a Fault” (Canada)
Kenneth J Harvey “Blackstrap Hawco” (Canada)
Nino Ricci “The Origin of Species (Canada)
Jacob Ross “Pynter Bender” (Grenada)
Jaspreet Singh “Chef” (Canada)
Fred Stenson “The Great Karoo” (Canada)

Best First Book Award: Canada and the Caribbean
Theanna Bischoff “Cleavage” (Canada)
Mark Blagrave “Silver Salts” (Canada)
Craig Boyko “Blackouts” (Canada)
Nila Gupta “The Sherpa and other Fictions” (Canada)
Pasha Malla “The Withdrawal Method” (Canada)
Joan Thomas “Reading By Lightning” (Canada)
Padma Viswanathan “The Toss of a Lemon” (Canada)

Best Book Award: Africa
Damon Galgut "The Imposter" (South Africa)
Tim Keegan "My Life with the Duvals" (South Africa)
Mandla Langa "The Lost Colours of the Chameleon" (South Africa)
Sindiwe Magona "Beauty’s Gift" (South Africa)
Zoë Wicomb "The One That Got Away" (South Africa)

Best First Book Award: Africa
Uwem Akpan "Say You‘re One of Them" (Nigeria)
Jane Bennett "Porcupine" (South Africa)
Jassy Mackenzie "Random Violence" (South Africa)
Chris Marnewick "Shepherds and Butchers" (South Africa)
Sue Rabie "Boston Snowplough" (South Africa)
Megan Voysey-Braig "Till We Can Keep an Animal" (South Africa)

My prediction:
Aravind Adiga only for The White Tiger, Jhumpa Lahiri over Salman Rushdie, A Case of Exploding Mangoes (Pakistan's long-awaited literary revenge over India) and Say You're One of Them for Africa's best first book (I haven't read it but it was on recommended books at Waterstone's, so it means it's got to be good).

Sunday, March 1, 2009

7. “The Zigzag Way” di Anita Desai

In italiano: “Un percorso a zigzag”di Anita Desai, edito da Einaudi nella collana L’Arcipelago Einaudi (2007), € 12,50

Anno di prima pubblicazione: 2004
Genere: romanzo
Paese: scrittrice indiana, romanzo ambientato negli Stati Uniti e in Messico

Sull’autrice: vedi questo post

Trama: Eric, americano, sta facendo un dottorato in un’università del Massachusetts e decide di partire per il Messico alla ricerca delle proprie origini. I suoi nonni sono infatti partiti dalla Cornovaglia per andare a lavorare nelle miniere di una piccola cittadina messicana, ragione per cui suo padre è nato in Messico, non conservandone però alcun ricordo concreto. La nozione di spazio si confonde con quella del tempo: ad un certo punto ci troviamo nel Messico che fu ad assistere alla vita della nonna di Eric in Messico e in Cornovaglia.

Pensieri: Anche se in questo romanzo nessuno dei protagonisti è indiano e l’India non viene nominata nemmeno una volta, si può riconoscere lo stampo di Anita Desai. Uno dei personaggi più enigmatici e suggestivi del romanzo, Dona Vera, è infatti un’europea in mezzo agli indios messicani, insomma un’emarginata nella società messicana, sia creola che amerindia. E poi è una donna molto forte ed arcigna, un po’ come Nanda Kaul all’inizio di Fuoco sulla Montagna. Anche il protagonista, Eric, è un forestiero in Messico, americano di origine europea che si intrufola tra gli indios.
La fine del libro è intrisa di realismo-magico: Eric parla con il fantasma della nonna, durante una festività degli indios del luogo chiamata Dia de los Muertos (Giorno dei Morti). L’autrice è stata influenzata dagli scrittori sudamericani famosi per le zuccheriere che si spostano sul tavolo e le ragazze dai capelli verdi? Può darsi, ma non ha molta importanza: quello del romanzo è un realismo-magico che serve a dare un senso al viaggio di Eric, ma non è buttato lì per fare scena.
Forse questo non è il romanzo più bello di Anita Desai (mi sono piaciuti di più Chiara Luce del Giorno e Fuoco sulla Montagna), ma vale ugualmente una lettura e qualche riflessione.

Leggi anche la mia recensione di “In Custody” di Anita Desai