Sunday, December 21, 2008

Parole dette al vento - Dub poetry, creoli e...la francophonie

Attenzione, questo è un Post Polpetta, come lo chiamerebbe Clauds. Se fosse un'applicazione di facebook si chiamerebbe "Stuff I like"... Se fosse un gruppo "Postcolonial Lit rocks!"...

#1)
La sezione letteraria del Guardian ha appena pubblicato un video di una poesia recitata da Linton Kwesi Johnson, poeta giamaicano di dub poetry, cioè poesia a ritmo di reggae. Potete sentirlo parlare in creolo che, secondo me, è una lingua bellissima e musicale già di per sé! A me questo tipo di poesia piace molto, spero che piaccia anche a qualcuno di voi. La poesia si chiama “If I woz a top-natch poet”, cioè “Se Fossi un Poeta di Spicco”. Vi riporto il testo, lo so che è in creolo ed è di difficile comprensione, anche per me, ma ribadisco che è poesia da ascoltare, come una canzone, non da leggere. Ho provato a tradurlo, ma mi incarto di continuo e non rende. Just enjoy! Clicca qui per il video con la poesia recitata.

If I woz a tap-natch poet

if I woz a tap-natch poet
like Chris Okigbo
Derek Walcot
ar T.S.Eliot

ah woodah write a poem
soh dam deep
dat it bittah-sweet
like a precious
memory
whe mek yu weep
whe mek yu feel incomplete

like wen yu lovah leave
an dow defeat yu kanseed
still yu beg an yu plead
till yu win a repreve
an yu ready fi rack steady
but di muzik done aready

still
inna di meantime
wid mi riddim
wid mi rime
wid mi ruff base line
wid mi own sense a time

goon poet haffi step in line
caw Bootahlazy mite a gat couple touzan
but Mandela fi im
touzans a touzans a touzans a touzans

if I woz a tap-natch poet
like Kamau Brathwaite
Martin Carter
Jayne Cortez ar Amiri Baraka

ah woodah write a poem
soh rude
an rootsy
an subversive
dat it mek di goon poet
tun white wid envy

like a candhumble/ voodoo/ kumina chant
a ole time calypso ar a slave song
dat get ban
but fram granny

rite
dung
to
gran
pickney

each an evry wan
can recite dat-dey wan

still
inna di meantime
wid mi riddim
wid mi rime
wid mi ruff base line
wid mi own sense a time

goon poet haffi step in line
caw Bootahlazy mite a gat couple touzan
but Mandela fi im
touzans a touzans a touzans a touzans

if I woz a tap-natch poet
like Tchikaya U'tamsi
Nicholas Guillen
ar Lorna Goodison

an woodah write a poem
soh beautiful dat it simple
like a plain girl
wid good brains
an nice ways
wid a sexy dispozishan
an plenty compahshan
wid a sweet smile
an a suttle style

still
mi naw goh bow an scrape
an gwan like a ape
peddlin noh puerile parchment af etnicity
wid ongle a vaig fleetin hint af hawtenticity
like a black Lance Percival in reverse
ar even worse
a babblin bafoon whe looze im tongue

no sah
nat atall
mi gat mi riddim
mi gat mi rime
mi gat mi ruff base line
mi gat mi own sense a time

goon poet bettah step in line
caw Bootahlazy mite a gat couple touzan
but Mandela fi im
touzans a touzans a touzans a touzans

Se ti piace questo:
Inglan is a bitch

#2)
Qualche settimana fa stavo scrivendo un post sulla letteratura francofona contemporanea, in particolare sugli ultimi premi assegnati:
Prix Goncourt: Syngué Sabour di Atiq Rahimi, uno scrittore di origine afgana
Prix Renaudot: Le Roi Kahel di Tierno Monénembo, guineano
Prix Interralié : Le Premier Pricipe. Le Second Principe di Serge Bramly, tunisino di nascita.
Ora ho trovato questo articolo di Jean-Luis Gouraud su Jeune Afrique. Che cosa ne pensate? Io lo trovo un po' esagerato: non può essere che i francesi "autoctoni" non sappiano più scrivere, ma piuttosto mi sembra giusto che venga lasciato spazio a tutti coloro che decidano di scrivere in francese, indipendentemente dalla nazionalità. Qui il link per gli eletti che sanno il francese, perché ripeto che non sono brava a tradurre:

"Il francese della carità

L’assegnazione di tre dei principali premi letterari dell’anno a degli scrittori francofoni ma non d'origine francese (il Goncourt ad un afgano, il premio France-Télévision ad un algerino e il Renaudot ad un guineano) mi sembra un segno dei tempi. Non, come ha suggerito un po’ stupidamente la stampa parigina, una specie di “effetto Obama” (leggesi: la moda del meticciato), ma una vera tendenza dell’intellighenzia francese ad avere nei confronti della propria lingua nient’altro che una specie di condiscendenza, di tenera compassione, fino al punto di convincersi che quella vecchia lingua diventata un po’ obsoleta – dopo che, certo, è servita a molto - e minoritaria oggi nel mondo è buona solo da lasciare ai poveri. Come una camicia usata, ma che può ancora essere portata, che si regala ai poveri, il francese viene abbandonato dai suoi primi proprietari ai suoi mendicanti culturali, quei dolci sempliciotti che sono gli scrittori dell’Altro-Esagono. I quali, buoni diavoli, si accontentano di poco e vi si sentono ancora bene, a loro agio, al caldo: ah, che brave persone!

Mi sono convinto che, in fondo, il sogno, il desiderio incosciente, il fantasma degli scrittori francesi di Francia consiste nello scrivere… in inglese: la sola lingua che valga, il solo vero linguaggio universale. Per un paradosso masochista che sarebbe interessante analizzare (psicanalizzare), i francesi provano in verità per la francofonia qualcosa che assomiglia al disprezzo. E’ iniziato sicuramente tutto con delle parole: si è voluto designare in altro modo il piccolo pianeta composito degli scrittori di lingua francese, rimpiazzare l’espressione già desueta di “letteratura francofona” con quella più trendy di “letteratura del mondo”. L’autore di questo concetto piuttosto fosco, per non dire fumoso, lo scrittore e viaggiatore Michel Le Bris, lui stesso autore di un libro recente, La Beauté du Monde (La Bellezza del Mondo, N.d.T.), era candidato a tutti i premi letterari del 2008. Gli sono passati tutti sotto il naso, arraffati dai cittadini di questo mondo di cui pensava di diventare re. Fallimento totale! Ha conosciuto la sorte del dottor Frankenstein, al quale la creatura finisce per scappare. Anche la sorte del visconte di Sanderval, di cui racconta Tierno Monénembo nel suo bel romanzo che gli è valso il premio Renaudot (Le Roi Kahel): partito per l’Africa per provare a ritagliarsi un piccolo regno personale, l’ambizioso ritorna a mani vuote.

Tutte le favole hanno una morale.”

Su Tierno Monénembo (
en français)
Su Atiq Rahimi (in English)

5 comments:

  1. Forse questa volta è più facile farti gli auguri :) ahah

    ReplyDelete
  2. TANTI MA PROPRIO TANTI AUGURI DI UN FELICE NATALE...
    CIAOOOOOOOOOOOO

    ReplyDelete
  3. Gentile Stefania
    ogni tanto capito sul suo Blog e lo trovo molto interessante.
    Forse le fara' piacere sapere in anteprima che a fine maggio a Venezia avremo una ricca manifestazione letteraria ("Incroci di civilta'", sito in costruzione visibile da fine gennaio) con Salman Rushdie, Orhan Pamuk, Aravind Adiga, Elias Khuri, Zhang Jie, Etgar Keret, Gish Jen, Ornela Vorpsi, Adrian Bravi, Gaston Salvatore, Javier Marias, Yves Bonnefoy.... magari le verra' voglia di leggere e scrivere di questi autori su Books of Gold!
    I migliori auguri per l'anno nuovo.
    Shaul Bassi

    ReplyDelete
  4. 10 buoni motivi per salvare il 2008,
    per concludere l'anno con uno sguardo positivo verso il domani.

    Tu cosa proponi?
    Ti aspetto qui:
    http://metaoikos.wordpress.com/

    Spread the wo(l)rd.

    -
    ja

    ReplyDelete
  5. Grazie per l'anticipazione, professore! E' un programma davvero interessante.
    Spero di poter essere presente, anche se purtroppo credo che sarò ancora a Londra per lavoro.

    ReplyDelete