Friday, January 16, 2009

"The White Tiger" di Aravind Adiga

Anno di prima pubblicazione: 2008
Genere: romanzo
Paese: India

In italiano: “La Tigre Bianca” di Aravind Adiga, edito da Einaudi (2008), € 19

Vincitore del Booker Prize 2008

Sull’autore: Aravind Adiga è nato nel 1974 a Madras (ora chiamata Chennai), in India, ed è cresciuto a Mangalore, nello stato indiano di Karnataka. E’ emigrato in Australia con la sua famiglia ed ha terminato gli studi alla Columbia University di New York. E’ stato un giornalista per numerose testate di lingua inglese, tra cui il Financial Times. The White Tiger (2008) è il suo primo romanzo.

Trama: Balram Halwai è nato in un villaggio poverissimo, in quella che lui definisce “la tenebra” dell’India. E’ l’unico bambino del villaggio a saper leggere e scrivere, così viene soprannominato dal suo maestro “la tigre bianca”. La sua famiglia è troppo povera per permettergli di proseguire gli studi, ma Balram riesce a farsi assumere come autista da un uomo ricco e corrotto che lo porta a Delhi, tra bustarelle ai politici e puttane slave d’alto bordo. Balram, che non possiede nessuna coscienza morale e non si fa scrupolo di uccidere il suo padrone per ottenere quello che vuole, riesce a diventare un uomo ricco e potente grazie all’inganno e alla sua scaltrezza.

Alcuni pensieri: ‘Greedy greedy Indians!’. Il romanzo non fa altro che alimentare lo stereotipo degli indiani avidi di denaro e crudeli, ma tutto sommato ci voleva, vista la sfilza di romanzi che si limitano ad esaltare il lato spirituale degli indiani, dimenticando il loro spiccato senso per gli affari. Questo romanzo ha vinto il Booker Prize, ma non penso che abbia niente di speciale. Sinceramente ho preferito A Fraction of the Whole di Steve Toltz. Non che questo libro abbia niente di sbagliato: è scritto bene ed è scorrevole, ma la storia è un po’ scontata. Ho letto parecchi libri scritti in lingua inglese da indiani, tra cui Kiran Desai, Arundhati Roy e Salman Rushdie (gli altri vincitori indiani del Booker Prize), e vi posso dire che questo non è particolarmente profondo. E’ un buon romanzo, ma niente di eccezionale. Ora aspetto di leggere A Case of Exploding Mangoes, che non è nemmeno entrato nella shortlist del Booker Prize, ma mi è stato consigliato da più di una persona.
Carina l’idea di immaginare che Balram scriva al presidente cinese in visita nella sua città: ci fa rendere conto dell’importanza che stanno assumendo Cina e India nell’economia mondiale. La completa mancanza di coscienza morale e l’egoismo del protagonista è stato un po’ motivo di cruccio per me: possibile che una persona sia davvero così meschina?

STARS: 3/5

8 comments:

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  2. Forse non consideri che la maggior parte della popolazione indiana è sfruttata e vive realmente in a rooster coop come viene descritto nel libro. Penso che il protagonista non sia meschino, anzi riuscire a staccarsi dalle catene familiari e culturali, anche se egoisticamente, sia una buona cosa, magari non ammazzando il proprio datore di lavoro. Cosa pensi allora della nonna, dei vari membri della famiglia proprietaria della vita del villaggio? Del comportamento dopo l'incidente in auto? Conosci realmente la struttura gerarchica che esiste in ogni aspetto della vita in India? Anche la nonna sfrutta a suo favore il lavoro dei suoi familiari. Dovremmo ricordarci, noi privilegiati che abbiamo tempo per leggere, di tutti coloro che debbono per forza di cose tirare avanti in qualche modo per mangiare, non solo in India ma ovunque nel mondo, e non hanno altra possibilità di vita al di fuori dello sfruttamento, senza nemmeno poter immaginare di uscirne fuori. Fortunatamente (per noi? per il mondo? per l'India?) non tutti arrivano ad uccidere, e sono d'accordo con te quando dici che il libro almeno non è uno dei soliti pieni di spiritualità che portano ad avere una visione dell'India mistica o povera. In India ci sono un pacco di soldi e come altrove sono gestiti da pochi privilegiati e questi hanno una discreta paura dell'emancipazione delle persone. Il libro in questione è solo una descrizione cinica della realtà indiana e il non aver rimorso del protagonista equivale al non rimorso che il sistema ha nei confronti dei molti che muoiono sfruttati sul lavoro o quando vengono bombardati dalle nostre bombe intelligenti. Siamo circondati nella vita reale di storie scontate come questa. Adiga è un giornalista romanziere e descrive ciò che ha intorno a se. Ti consiglio di leggere anche il suo secondo romanzo:"Between the assassination" un altro spaccato di vita indiana, e di ricordarti sempre quando commenti dalla tua fortunata posizione che anche se parliamo di "letteratura" la percentuale di quelli che hanno la possibilità di leggere e informarsi non è molto alta rispetto alla popolazione mondiale e anche che tra i privilegiati la pigrizia mentale prevale. Lot of love

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  3. In effetti nel libro tutti i protagonisti sono cinici e sfruttatori, dalla famiglia intera del protagonista fino al suo datore di lavoro. E' una visione un po' esagerata, la stessa che si percepisce in "Slumdog Millionaire", dove le uniche persone compassionevoli sono due turisti americani. Io capisco che in India ci sia molta povertà e che la società sia molto rigida, però l'assoluta mancanza di moralità di tutti i personaggi mi è sembrata un'esagerazione. Gli indiani non sono tutti spirituali come non sono tutti avidi di denaro nè meschini!
    Forse sono stata un po' frettolosa nel dire che questo libro non è nulla di speciale rispetto ad altri, sempre indiani. Ci sono cose notevoli nel libro, ma sempre legate al cinismo dell'autore, per esempio quando dice che l'acque del Gange non è per niente sacra, è sporchissima e contaminata. Stravolge tutto quello che ci vogliamo sentir dire sull'India e stravolge tutto un tipo di letteratura sui paesi dell'oriente scritta per gli occidentali, partendo da "Kim" di Kipling dove il fiume sacro è un po' l'elemento mistico che fa muovere parte della trama del libro.
    Rimanendo in zona, ora sto leggendo "A Case of Exploding Mangoes" e me lo sto gustando molto di più... E dire che non è neppure entrato nella shortlist del Booker Prize!

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  4. Colpisci nel segno quando dici che il libro stravolge tutto quello che ci vogliamo sentire dire sull'india. Non avevo intenzione di difendere l'autore, il mio post è dovuto proprio ad una reazione all'immagine stereotipata che abbiamo di questo immenso paese dove non è possibile unificare popolazioni, etnie, religioni, caste, intoccabili, ricchi e poveri che pur vivendo sullo stesso territorio vivono il loro quotidiano con azioni e leggi diverse a seconda dell'appartenenza in cui si trovano.
    Il "miracolo" semmai è la democrazia espressa da un miliardo e passa di abitanti. Però il libro non arriverà a tutti, come del resto succede in occidente, ed è questo che mi preme ricordare: la letteratura non è di tutti perchè non tutti hanno la fortuna di avere ore a disposizione per poter leggere. Per cui quando leggo cerco sempre di tener presente dell'elite di cui facciamo parte, inoltre i media e coloro che redigono liste per i vari prize nel mondo sono scritti e redatti da persone coinvolte nel business e nella politica. Anche the white tiger era in mano a benestanti e studenti di college. Se ti interessa un fenomeno "leggermente" più popolare cerca i tre libri di Chetan Bhagat, uno di questi è stato tradotto in italiano perchè parla di call center, vengono venduti a 95 rupie invece che 395 o più, in India è importante. E' lo scrittore indiano in lingua inglese più letto nel paese, si rivolge e racconta alle nuove generazioni di studenti di ricche università che poi saranno quelle che guideranno l'india in futuro. E per quanto riguarda la vita sullo stesso territorio ti consiglio anche se oramai datato "I quattro sensi della vita" di Alain Danielou. Personalmente passo l'inverno in India dal 95, ho perso il misticismo dei primi anni, continuo ad amare l'india e ad imparare dagli indiani. Ciò che osservo volentieri come un novello Palomar di Calvino è il cambiamento velocissimo di una nazione dovuto al dio denaro. Adesso sono in Italia, precisamente in Sardegna e da un paio di anni la maggior parte dei libri che leggo quando torno sono di autori sardi. Solitamente non commento i vari autori di blog che scrocco anonimamente perchè amo saper ciò che gli altri pensano e perchè addict alla lettura.
    Senza arroganza. LOT OF LOVE.

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  5. Non solo la letteratura non arriva a tutta la popolazione (specialmente in una paese come l'India) ma quelli che la scrivono sono membri delle "élite" che poi leggeranno i libri. E' impossibile avere un libro scritto bene sugli slum di Mumbai ad opera di chessò, un vero chaiwallah (per rimanere sul tema di "Slumdog Millionaire").
    Questo scrittore che mi nomini non lo conoscevo... ed all'università il mio indirizzo di studi era letteratura inglese postcoloniale... E' incredibile quanto possano essere diversi i libri sull'India o scritti da indiani che si leggono in Europa da quelli che si leggono in India.
    So bene che i call center in India sono importanti, specialmente quelli per le consulenze informatiche. In Inghilterra dove sto lavorando in questo periodo quando si "impalla" il computer ti fanno chiamare un call center indiano, allucinante!!!
    Complimenti per la tua vita a metà tra l'India e la Sardegna, magari un giorno annch'io...

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  6. Se posso aggiungermi a questa interessante discussione...
    Io ho trovato il libro interessante e originale. Non un capolavoro, non alta letteratura, ma un buon libro, che si fa leggere. Non bello come quello di Ghosh, ma è tutta un'altra cosa.
    Secondo me l'autore è volutamente esagerato nel descrivere la meschinitá degli indiani, non vuole essere realistico, non gli interessa fare della raffinata psicologia dei personaggi, ma vuole semplicemente mettere a nudo il sistema di sfruttamento indiano.
    E' un punto di vista, forte e dichiarato, quindi secondo me accettabile.
    Se puo' interessare, ne ho parlato (fin troppo!) nel mio blog:
    http://indian-words.blogspot.com/2009/01/la-tigre-bianca.html

    (se sento cosa mi diconoa proposito dell'India i miei amici italiani che non sono mai stati in India, ma che hanno letto la Speranza indiana di Rampini come unica lettura, penso che da noi questo libro a qualcosa serva!)

    Una notte al call centre di Chetan Bhagat è divertentissimo, se ti capita leggilo!

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  7. PAOLO: un giorno in libreria ho visto un libro, "Maximum City" di Suketu Mehta e mi sono autoconvinta ce era quello che mi avevi consigliato, chissà perché... Invece è tutt'altra cosa!!! Ora mi sono segnata "Una notte al call center" (nella wish list di anobii), visto che ho due raccomandazioni. Ma perché escono così tanti libri "indiani" ultimamente? Ho una lista che non finisce più!

    @SILVIA: Vabbè, Silvia... neanch'io sono mai stata in India (purtroppo) e me la posso solo immaginare... In modi tutti sbagliati, sicuramente!

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  8. E' bello anche solo immaginare, i libri d'altra parte servono (anche) a questo!
    L'importante e' che i modi (giusti o sbagliati, ma forse non c'e' un modo giusto o uno sbagliato: e' solo questione di punti di vista) siano il piu' possibile vari e con varie prospettive diverse...
    Ciao!

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