Sunday, February 28, 2010

46. “Il Nipote di Rameau” di Denis Diderot



Anno di prima pubblicazione: scritto tra il 1761 e il 1777, non venne pubblicato in Francia fino al 1823, ma ne uscì una traduzione in tedesco di Goethe nel 1805.
Genere: satira, romanzo filosofico, farsa
Paese: Francia

In English: Rameau’s Nephew by Denis Diderot
En français: Le Neveu de Rameau de Denis Diderot

Un dialogo di finzione tra un “IO” e un “LUI”, tra l’autore, Denis Diderot, e Jean-François Rameau, nipote del famoso musicista Jean-Philippe Rameau. Durante la conversazione emerge la duplice coscienza del nipote di Rameau: si tratta di un genio, seppur bizzarro e spregiudicato, oppure di un parassita, un impostore che con il suo cinismo e la sua scaltrezza riesce a sovvertire tutti i valori etici e morali dell’autore? Riferimenti ai personaggi che popolavano la Parigi di un tempo e ai pensieri filosofici allora in voga rendono questa “satira” alquanto vivace. Non si tratta infatti di un trattato filosofico né tanto meno di un romanzo, ma di una satira, nel senso latino di “mélange irregolare di temi e registri narrativi” (così dice l’introduzione a cura di Lanfranco Binni). Quello che ne emerge è un ritratto dell’immoralità e della corruzione della società francese alla metà del diciottesimo secolo. Un ritratto “immoralmente morale”, come lo definì Goethe, che tradusse il manoscritto, ancora inedito in Francia, nel 1805. Il nipote di Rameau, per farvi capire il personaggio, dava lezioni di pianoforte senza saperlo veramente suonare o mostrava ogni giorno una moneta d’oro al figlioletto, la levava in aria come fosse un’ostia e poi la baciava, cercando d’insegnargli che cosa ci fosse da venerare nella vita. Vien da sé che Diderot fu considerato uno spirito ribelle e che di conseguenza i suoi scritti più scabrosi, come questo, furono pubblicati molti anni dopo la sua morte.
Tuttavia, con tutto quello che di pregevole contiene quest’opera, Il Nipote di Rameau mi sembra soltanto una “versione annacquata” di quello che è capace di fare Diderot. Prendete Jacques Le Fataliste, considerato credo uno dei suoi capolavori: quel libro non può lasciar nessuno indifferente. E’ stato scritto 250 anni fa eppure sovverte i canoni del romanzo - e della narrazione, più in generale – come fanno solo i romanzi modernisti, se non quelli post-moderni. Dobbiamo quindi (leggi devo) rivangare le vecchie glorie della letteratura francese, ne leggevo tanta un tempo. Ho su di uno scaffale polveroso Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas (mai letto!) e sarebbe anche ora che lo togliessi da lì per cominciare a leggerlo (anche alla luce del nuovo film L’Autre Dumas*).



Sull’autore:
Denis Diderot è stato un filosofo, un critico d’arte e uno scrittore francese dell’epoca dell’illuminismo. Nacque a Langres, in Francia, nel 1713. Era un pensatore originale e scrisse molte opere filosofiche, per esempio le Pensées Philosophiques o la Lettera sui Ciechi. Quest’ultima gli causò tre mesi di prigione nelle carceri di Vincennes, dove riceveva visite giornalieri da Rousseau, il suo principale alleato. Promise di non scrivere più nulla contro la Chiesa ed infatti i suoi scritti più scabrosi vennero pubblicati solo dopo la morte. Dopo essere stato scarcerato si dedicò al progetto della Encyclopédie insieme a Jean le Rond d’Alambert. Il primo volume, ricco di idee rivoluzionarie per l’epoca, uscì nel 1751. L’opera venne però messa sotto processo ed infine vietata. Molti contributori dell’opera smisero di scrivere articoli per i volumi successivi, lasciando Diderot a scrivere da solo quella che sarebbe diventata la sua opera più famosa. A parte l’Enciclopedia, una delle sue opere più famose è Jacques Il Fatalista e il Suo Padrone, romanzo che sovverte le convenzioni del genere e sperimenta con il tema del libero arbitrio. Per tale spirito innovativo è stato più volte paragonato a Tristam Shandy di Laurence Sterne.

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