Monday, August 10, 2009

21. "Sea of Poppies" by Amitav Ghosh



Year of first publication: 2008
Genre: historical novel, epic saga, adventure novel
Country: India

In italiano: Mare di papaveri di Amitav Ghosh, edito da Neri Pozza, € 18,50

About the author: Amitav Ghosh was born in Kolkata in 1956 and grew up in Bangladesh, Sri Lanka and India. He studied at the universities of Delhi and Oxford. Ghosh's fiction is characterised by strong themes that may be somewhat identified with postcolonialism but could be labelled as historical novels. His topics are unique and personal; some of his appeal lies in his ability to weave "Indo-nostalgic" elements into more serious themes. He is the author of The Circle of Reason (1986), The Shadow Lines (1990), The Calcutta Chromosome (1995), The Glass Palace (2000), The Hungry Tide (2004) and Sea of Poppies (2008).

Plot: Set just before the Opium Wars, in the 1830s, Sea of Poppies is the story of a an old slaving ship named Ibis, sailing from Calcutta to Mauritius with a diverse cargo of passengers. The fate has in fact thrown together a motley crew of sailors, coolies and convicts, including a bankrupt raja, a French orphan girl who is running away from an arranged marriage and a woman who escaped her opium-addicted husband’s funeral pyre. Everybody is hiding something, but while the ship is sailing towards Mauritius, they come to view themselves as jahaj-bhais, ship brothers.

Some thoughts: Sea of Poppies is supposed to be the first book in a projected trilogy on the Ibis (which will be awfully long, seen that this book only is 530 pages long!). In my opinion, it should have won the Booker Prize last year instead of The White Tiger (link to my review in Italian), because it was so much better than any other book in the shortlist. It is one of those 500-pages-long books that you can read in just a few days, never growing tired of the characters.
Much space is given to the second mate, Zachary Reid, an American whose mixed origins will leave him a target for blackmail. Then there is Paulette Lambert, an orphan French girl who grew up in India and speaks perfect Bengali and Hindi; she wants to escape to Mauritius and is in love with Zachary. Neel Rattan is a bankrupt raja who is being deported and has lost all his privileges, while Deeti, the widow of an opium grower, is travelling with a low-caste Oxen driver considered by everybody to be her husband. On board there are also the “lascars”, the Asian sailors who crew the ship, among them Serang Ali and Ah Fatt, half Parsee and half Chinese. It is an unlikely group of passengers for a ship: they all come from very different backgrounds and are divided by race, gender and cultural heritage. In particular, there is a hierarchy among people on the ship, even though many people (Zachary, Paulette and Neel in particular) are hiding their true identities. There are strong bounds that connect the characters and others are made on board of the Ibis. The voyage that many passengers were seeking as a refuge becomes in fact a nightmare.
Sea of Poppies is an adventure novel and an epic saga at the same time. It would be perfect for the silver screen, as many features would perfectly fit in a movie (the love between Zachary and Paulette, for example, or the cruelty of British officers on board towards the “coolies”). There is even a website (http://www.seaofpoppies.com/) where all the words in the Pidgin English of the lascars are explained, imagining that Neel Rattan devoted the last years of his life to a dictionary of nautical jargon used by the lascars (who came from many different parts of Asia and Africa and therefore created a pidgin language).


Riporto la recensione di Alessandro Monti, tratta da La Stampa del 13 settembre 2008:


Sulla nave dei papaveri c’è Dickens
Amitav Ghosh. Lo sfruttamento coloniale nel Bengala dell’800

Siamo nel 1835 in Bengala, gli inglesi hanno appena abolito la schiavitù e hanno bisogno di manodopera coatta per le piantagioni nei Caraibi e alle Mauritius. Nel contempo hanno stravolto l’agricoltura bengalese, imponendo la monocultura del papavero, che lavorato è avviato in Cina. La nave Ibis, una negriera, convertita al trasporto dei lavoratori indiani a contratto, salpata da Baltimora raggiunge Calcutta per le Mauritius e su di essa, imbarcati come lavoratori o galeotti si troveranno tutti i protagonisti del romanzo Mare di Papaveri di Amitav Ghosh.
Tra di essi un mulatto affrancato, in origine carpentiere; una contadina che, rimasta vedova firma il contratto per sfuggire al cognato, unendosi a un fuoricasta. S’imbarca anche, in panni maschili, una giovane orfana francese, destinata dalla comunità inglese a sposare un vecchio; un giovane pescatore bengalese, compagno di giochi della ragazza e di lei innamorato. Tra i personaggi dell’assortita compagnia troviamo un nobile proprietario terriero bengalese, rovinato in modo fraudolento dagli inglesi e deportato alle Mauritius, insieme ad un cinese oppiomane, e per finire un Baboo, impiegato, bengalese a servizio degli inglesi, seguace di Rama e che si veste da donna, per impersonificare, nel suo innamoramento mistico, la sposa del dio.
Ghosh recupera con gusto la narrativa tradizionale ottocentesca, si pensi a Dickens, non dimenticando che tra le radici della narrativa indiana, c’è il romanzo storico. D’altra parte l’autore incrocia i drammi e le vite problematiche dei personaggi sullo sfondo dello sfruttamento coloniale. Il paese è dominato dalla Compagnia delle Indie e dai mercanti privati, che detengono il monopolio degli affari. In particolare, il commercio dell’oppio imposto alla Cina, e di lì a poco causa di guerre, arricchisce le tasche dei mercanti e affama i contadini, costretti a sostituire i raccolti alimentari con il papavero.
E’ impressionante la descrizione fatta da Ghosh dei capannoni dove si lavora l’oppio: una via di mezzo tra gli antri cavernosi e immensi di Piranesi e la futura fabbrica tayloriana, in cui la produzione è sincronizzata e l’uomo stesso ridotto a macchina. Ma un altro aggancio è possibile con il mondo contemporaneo, se pensiamo alla coltivazione del papavero in Afghanistan. Ghosh rappresenta il processo di controllo egemonico coloniale attraverso lo straniamento linguistico provocato dall’uso dell’anglo-indiano, ovvero il gergo parlato dagli inglesi in India, che corrompe deformando le lingue locali con termini criptici, comprensibili solo da chi appartenga al chiuso mondo coloniale. E’ una lingua ormai arcana, di comando e di potere, ebbra di false assonanze con l’inglese: per esempio mysteries rimanda a maistri, qui artigiano. A tale lingua autoritaria si oppongono il multilinguismo indiano e le lingue di intercomunicazione tra etnie diverse. Dall’apparente babele dei subalterni nasce la speranza: se viaggiare per mare implicava la perdita della casta, la convivenza forzosa a bordo tra caste diverse darà origine a uno spirito nuovo di solidarietà, che prefigura come avrebbe potuto essere un’India ispirata a Gandhi dopo l’Indipendenza. Dall’altra parte, il lavoro sporco di controllo e di repressione è svolto nel romanzo da indiani, carnefici dei loro fratelli: forse un apologo amaro su come oggi possa essere interpretato il rapporto tra le masse diseredate e chi detiene le chiavi del potere. Visto l’impasto linguistico di cui sopra, il romanzo era pressoché intraducibile, ma i traduttori se la sono cavata con onore, anche se mi piacerebbe discutere con loro le scelte tipografiche e i problemi posti dal lessico composito, che rischia di allontanare il lettore. Certo una dieta lessicale a base di gomusta, di chobdar e simili può risultare alla lunga indigesta. Anche i lettori colti si sono trovati in difficoltà.

Un breve commento all'articolo: Anche in inglese i lettori più colti si trovano a disagio di fronte a così tante parole indiane e al gergo marinaresco dei "lascar", ma nonostante ciò il romanzo continua ad essere perfettamente leggibile. Non conoscere il bengali o il Pidgin English non impedisce di godersi il romanzo. E poi che cosa avrebbero dovuto fare i traduttori italiani: sostituire "gomusta" con "sacerdote indù" o qualcosa del genere? E dove finiva tutta la ricchezza culturale e linguistica del libro?

And finally, read my review of A Fraction of the Whole, another book shortlisted for last year’s Man Booker Prize (in English).

5 comments:

  1. Interesting review. Have not read of these books before and it is difficult getting access to them, however I would look out for them. Yet, I cannot review this due to the rules I have imposed on my blog--only African writers. I would read yours as a substitute...

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  2. Hey dev'essere proprio interessante:spero di trovarlo in italiano.

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  4. Anche a me è piaciuto molto, ho ammirato il groviglio di parole che riesce comunque a fluire veloce e grandioso come il Gange verso l'Oceano.
    E la storia appassiona, non vedo l'ora di leggere il seguito!
    Lo saprai sicuramente gia': Ghosh sarà al festival di Mantova, io non vedo l'ora di andarci!

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  5. Sì, lo so che Ghosh sarà al festivaletteratura, insieme a tanti scrittori e poeti africani interessanti. Sto organizzando di andarci, devo solo trovare un posto dove dormire (sto meditando di iscirvermi a couchsurfing)!

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