La battuta infelice del nostro Presidente del Consiglio tocca un argomento che è ancora alquanto spinoso sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna. Per dirvene una, qualche giorno fa un rapper nero inglese è stato intervistato da un giornalista della BBC, che a un certo punto gli ha chiesto se si sente inglese. Tutti si sono meravigliati perché lui, nato e cresciuto a Londra, ovviamente si sente inglese al cento per cento. La grande polemica che è nata dopo questa domanda è un po’ difficile da capire per noi italiani, che se conosciamo un nero, per quanto possa avere l’accento italiano e stia per addentare una forchettata di spaghetti al sugo, dobbiamo subito chiedergli dov’è nato e da dove viene la sua famiglia. Posso immaginare quella domanda inserita senza problemi in un’intervista a qualche nostro aitante “abbronzato” dello sport. Come fa notare questo articolo del Guardian, in Gran Bretagna non si parla di cosa vuol dire essere britannici, uno lo è semplicemente perché lo sente dentro, indipendentemente dal colore della pelle. Inglesi per vocazione, si potrebbe dire, non per patrimonio genetico.
In Italia, invece, siamo ancora in imbarazzo, non sappiamo bene come chiamare il colore della pelle di Obama. E’ nero, mulatto, abbronzato? Mi ricordo che qualche mese fa in Italia si accennava a fare ben attenzione a come si disegnava l’allora candidato alla Casa Bianca: non fategli i capelli troppo crespi né le labbra troppo grosse, mi raccomando. Sì, per carità, la gente non si deve accorgere che è nero. Un po’ di tempo fa Vittorio Zucconi de La Repubblica, in un tentativo un po’ maldestro di elogiare Obama, scriveva che ha la pelle “del colore della carta da pacchi” e che ci si sarebbe aspettati che da un momento all’altro si trasformasse in Harry Belafonte e cominciasse a cantare “My Island in the Sun” (leggi qi).
In Italia una vignetta orribilmente razzista come quella del gruppo Forattini (io non la posto, vedi, ad esempio, questo post di Rubicondo) è stata
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Attenzione, non sto dicendo che in America o in Gran Bretagna non ci sia del razzismo, ma solo che almeno i giornali seri e i personaggi politici cercano di non istigarlo. Essere razzisti, almeno qui alle porte di Londra, è una cosa talmente degradante e vergognosa, talmente tanto che se uno ha qualche pensiero vagamente razzista cerca di nasconderlo e reprimerlo. Un movimento popolare come la Lega Nord qui sarebbe impensabile, è difficilissimo spiegare agli inglesi come questa gente in Italia possa essere al governo e continuare a fare dichiarazioni scorrettissime senza che nessuno (o quasi) batta ciglio.
infatti il problema non è tanto la portata di quelle parole, ma il contesto: un conto è discuterne al bar, mangiando 2 olive, un conto è essere dei Premier di Stato e concedersi "sviste" di quel genere.
ReplyDeleteBellissima la vignetta che hai utilizzato per il post, grazie.
ReplyDeleteLa Satira può spingersi al cattivo gusto?
Credo di sì.
Il problema è che il satiro, meglio il buffone, non può essere nel contempo il Presidente del Consiglio.
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Boh, secondo me la satira può essere di cattivo gusto, però non andare a toccare i diritti civili e le sofferenze di un popolo. Come scherzare sui bambini che muoiono di fame in Africa o sull'olocausto. Secondo me non si dovrebbe fare per rispetto.
ReplyDeleteA riguardo:
Questo articolo del Guardian, tradotto da "Che dicono di noi": http://chediconodinoi.blogspot.com/2008/11/ok-lo-scherzo-finito.html
e questo commento di Serra, con cui sono d'accordissimo:
http://tv.repubblica.it/piu-votati/settimana/serra-berlusconi-e-uno-sciocco/26081?video