Monday, May 25, 2009

Salman Rushdie @ Teatro Malibran, 21 maggio 2009


L’incontro inizia con Salman che legge qualche pagina dal suo ultimo libro, The Enchantress of Florence, L’incantatrice di Firenze.

Il libro si prefigura come una raccolta di storie all’interno di una narrazione più grande alla maniera de Le Mille e una Notte. Nella storia c’è un gigante, c’è l’astuzia di Machiavelli e le teorie di Darwin, solo che siamo nell’India del XVI secolo alla corte del Gran Moghul. L’intervistatore fa notare allo scrittore che tra la bibliografia del libro figurano Le Fiabe Italiane di Calvino e chiede a Rushdie se questo racconto un po’ alla Davide e Golia che è stato appena letto non sia tratto proprio ispirato al lavoro dello scrittore italiano. Rushdie risponde che no, la storia l’ha inventata lui (anche se si sa che gli scrittori postmoderni rimescolano un po’ le carte re-impastando letteratura di tutte le epoche e di tutti i paesi, aggiungerei io).

L’ultimo libro di Rushdie, così come ci viene raccontato dalle parole dello scrittore, ma anche da quelle dei mediatori Marino Sinibaldi, conduttore radiofonico, e Shaul Bassi, professore di letteratura inglese e postcoloniale, è la storia di due grandi viaggi: quello degli occidentali verso l’oriente e quello di una misteriosa principessa indiana dagli occhi neri verso la corte medicea, quest’ultimo completamente inventato da Rushdie. Lo scrittore si era infatti reso conto che sebbene ci siano numerosi resoconti di intellettuali e viaggiatori occidentali che si recarono in Oriente, per questo periodo non c’è traccia di nessun indiano che si sia recato in Occidente. Rushdie afferma quindi che è compito dello scrittore inventare cose che non sono mai successe, perché questo è uno degli scopi della narrativa.

Sinibaldi cita la traduzione di un articolo scritto da Rushdie pubblicata da La Repubblica, il cui titolo dato dai giornalisti era Lo confesso ho sbagliato sulle guerre di religione, che interpreta erroneamente e semplifica le parole dello scrittore indiano (leggilo qui) facendole sembrare pericolosamente vicine a quelle di Samuel Huntington, il teorico dello scontro tra civiltà. In realtà Rushdie ha opinioni molto diverse da quelle di Huntington sulle relazioni tra Occidente ed Oriente: egli afferma infatti che per lui la contaminazione tra le due cose è una cosa naturale, ricordando di essere nato a Bombay, città costruita dagli inglesi dove c’era solo un villaggio di pescatori, che mescola per forza di cose Oriente ed Occidente. “Il vecchio non muore, il nuovo si rifiuta di morire”, ha detto Rushdie citando Gramsci. Rushdie afferma che ci sono due tipi di scrittori: quelli che si muovono all’interno di più cornici, inglobando tutto, e quelli più minimalisti. Egli senza dubbio è tra i primi: uno scrittore “diabetico”, suggerisce Sinibaldi citando Carlo Levi, che divideva l’umanità in “allergici”, che hanno paura di infettarsi a contatto con il mondo, e “diabetici”, portatori e dispensatori di zucchero, ingrediente che mettono ovunque, pur con il rischio di combinare danni. I libri di Rushdie sono per forza impossibili da semplificare, complicati, con moltissime sfaccettature: ancora una volta, il nemico di Rushdie sembra essere proprio la semplificazione. Ne L’Incantatrice di Firenze appaiono Machiavelli, Andrea Doria, Dracula, il Gran Moghul Akbar e chissà quali altri personaggi della storia che si intrecciano ai personaggi di finzione.

Quando Shaul Bassi gli chiede se pensa che l’etichetta di “realismo magico” si adatti alla sua letteratura oppure sia più consona alla scrittura dei sudamericani egli risponde che calza a pennello perché in questi paesi il mondo è proprio così, forse addirittura una “realtà magica” più che un “realismo magico”. E poi parla dei progetti per il futuro: un incontro a New York con il regista incaricato di portare sul grande schermo I Figli della Mezzanotte, il suo libro più bello a detta dei critici, ma persino Rushdie ha dei dubbi sulla fattibilità del progetto. Assicura però che tutti vogliono prendere parte al suo film e che ne è molto lusingato. L’incontro finisce con una battuta un po’ divertente e un po’ provocatoria da parte di Shaul Bassi, veneziano e amante di Venezia, che è geloso del fatto che L’Incantatrice di Firenze, il primo romanzo “italiano” di Rushdie sia ambientato a Firenze e non a Venezia. Visto che la città lagunare è stata protagonista solo di romanzi tristi e lugubri, perché non scrivere un romanzo pieno di vita su Venezia, come saprebbe di certo fare lui? Salman, divertito, dice che è stato scritto troppo di Venezia e che si dice che Le Città Invisibili di Calvino siano tutte in realtà Venezia.

Un’ultima osservazione: Calvino che ritorna più e più volte tra le ispirazioni degli scrittori indiani, anche nel titolo e nella trama del primo romanzo di Kiran Desai, altra ospite di Incroci di Civiltà, tradotto in italiano con il titolo calviniano La mia nuova vita sugli alberi. Forse è perché in fondo anche Calvino scriveva una sorta di realismo magico?

Nella foto, il ritratto di Rushdie (intitolato "Il Moro") alla National Portrait Gallery di Londra.

3 comments:

  1. Deve essere stato un incontro molto interesante!!! Non conosco molto Rushdie ma dopo questo post farò un salto in biblio ;)

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  2. Ciao, come stai? Spero bene. Ultimamente ho avuto tanto da fare con la mia associazione di volontariato. Ho notato che i tuoi impegni di far conoscere meglio le letterature e le culture straniere non sono ancora trascurati, brava.
    Ciao e a presto!
    Blessing

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  3. UHURU: Sì, l'incontro è stato molto interessante. Io ho letto due romanzi di Salman Rushdie, "L'Ultimo Sospiro del Moro" e "I versi Satanici". Il primo mi è piaciuto di più, nonostante lo scalpore che ha provocato il secondo, con la fatwa e tutto. Rushdie è uno scrittore complicato, devi avere una buonissima conoscenza della storia e della cultura indiana nonchè dell'Islam per poter apprezzare i suoi libri. Io infatti ero un po' persa! E' un bravo scrittore, però secondo me è un po' sopravvalutato. Però quest'ultimo romanzo m'incuriosisce molto, non so se è per l'ambientazione italiana o per la storia avvincente.

    BLESSING: Sì, non ho perso il vizio di leggere letteratura che viene da ogni angolo della terra. E spero di non perderlo mai!

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