Monday, April 18, 2011

Che cosa resterà di questi Incroci di Civiltà 2011?

Di solito, quando vado ad un festival letterario, faccio tanti post, uno per ogni incontro, sforzandomi di ricordare che cosa abbia detto ognuno degli autori, sciorinando nomi di romanzi e scrivendo brevi biografie frettolose. Questa volta voglio fare brevi snapshot degli incontri a cui ho partecipato:

- Kiran Nagarkar: Convinto che siamo venuti tutti ad ascoltarlo a pagamento, l'umiltà di questo scrittore è pari solo alla qualità letteraria che traspare dalle letture dei suoi libri. Mi è rimasta la voglia di comprarmi "Cuckold" sul marito di Mirabai, la grande poetessa mistica indiana. Invece non è stato tradotto in italiano e non ce l'hanno al banchetto, quindi mi devo accontentare di "Ravan & Eddie", pubblicato da Metropoli d'Asia.

- Pap Khouma ed Igiaba Scego: Lui gesticola molto quando parla, spalancando le braccia enormi: non ho difficoltà a credere che sua madre, quando è tornato in Senegal dopo molti anni passati in Italia, gli abbia detto: "Ma come sei cambiato, sei diventato così italiano!". Lei, orecchini giganti che tintinnano, è la vincitrice del Premio Bauer, insieme a V.S. Naipaul! Legge un passo tratto dal suo ultimo libro, "La mia casa è dove sono", sui migranti che arrivano sui barconi: molto attuale, colpisce nel segno. Quando apro il libro di Khouma  ad una pagina a caso, incontro un cinema Rialto, immerso nelle strade di Dakar anziché nelle calli veneziane dove ci troviamo. Che magia!

- Jabbour Douaihy e Gad Lerner: "C'è Gad!", dico ad Igiaba Scego, emozionata e sconvolta perché il giornalista che vedo il lunedì sera in televisione è seduto a tre metri da noi, nel cortile del Casinò di Venezia, con i mitici pantaloni giallo senape e quella erre moscia strana. Douaihy non lo vedo, nella stanza stretta e lunga dove ci hanno messo, ma ascolto mentre legge dal suo romanzo il suo arabo dall'influenza francese, cresciuto all'ombra dei cedri del Libano.

- A.S. Byatt: E' abbastanza vero quello che dicono di lei: austera e poco incline alle battute, anche quando dice delle cose divertenti non si scompone. Forse la più grande scrittrice inglese contemporanea, Byatt ci racconta che è affascinata dalla scienza e che una volta ha incontrato un entomologo che voleva chiamare una sua farfalla con il suo nome. Come è successo a Nabokov, anche lui appassionato di farfalle, che ne ha una che porta il suo nome. Questa connessione da sola vale la serata.

- Wladimir Kaminer: tedesco di origine russa, scrittore e DJ, Kaminer nei suoi libri prende in giro i tedeschi. Scrive per esempio di un cane che aveva preso in bocca la mano del suo amico Boris. Non l'aveva morsa ma la teneva proprio in bocca. Lui, del tutto spontaneamente, ha urlato al cane "Heil Hitler!" e il cane ha lasciato la presa. Evidentemente era un cane nazista, è stato il commento. Umorismo Russendisko... 

- Nathan Englander e Alessandro Piperno: Diversissimi come scrittura, uno dalla prosa più  tradizionale, "quasi proustiana" (Piperno), e l'altro dirompente, con un accento newyorkese talmente forte da stordire (Englander). "A New York, appena uscivo dalla mia bolla mi sentivo ebreo. Sono dovuto andare in Israele per non sentirmi più ebreo" dice Englander. Paradossalmente illuminante.

- V.S. Naipaul: il peperino Naipaul questa volta era proprio laconico e ha parlato poco. Accompagnato come sempre dalla moglie Nadira che sale sul palco, elegante nel suo salwar kameez verde, per dare qualche indicazione al marito, Sir Vidia legge dal suo ultimo libro, "La Maschera dell'Africa", un pezzo sulla tomba dimenticata di un grande re africano. L'Africa, per Naipaul, è un luogo degli orrori, dove sanguinari dittatori si succedono uno dopo l'altro. Un libro per curarsi dal terzomondismo più accanito?    

2 comments:

  1. Laconico:)
    Mi e' piaciuto l'accostamento di Venezia con il lavoro del vetraio veneziano.

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  2. E' vero, forse è stato quello il clou della serata: lo scrittore come un artigiano, un mastro vetraio che inizia il suo lavoro ma non sa esattamente che cosa otterrà.

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