Anno di prima pubblicazione: 2010
Genere: romanzo
Paese: Scrittrice di origine somala “based” in Gran Bretagna. Romanzo “itinerante” ambientato un po’ in tutta l’Africa orientale e nel Medio Oriente, fino a raggiungere il Galles nel finale.
Genere: romanzo
Paese: Scrittrice di origine somala “based” in Gran Bretagna. Romanzo “itinerante” ambientato un po’ in tutta l’Africa orientale e nel Medio Oriente, fino a raggiungere il Galles nel finale.
La recensione di questo è libro è uscita nella rivista di cultura on-line Paper Street ed è disponibile a questo link.
Colgo l’occasione per segnalarvi due puntate della rivista “Che libro fa…” di Giovanna Zucconi che sollevano domande importanti riguardo alla letteratura africana postcoloniale (ma sarebbe ora di abolire questo termine, perché non tutta la letteratura africana tratta necessariamente di tematiche legate al postcolonialismo). La prima è: “perché i kenioti scrivono così poco? E perché lasciano agli stranieri, soprattutto ai giornalisti, il compito di raccontare la loro terra?”. Nel tentativo di portarci un paio di esempi di kenioti che scrivono l’autrice ci nomina Stanley Gazemba, che ha vinto il più importante premio letterario del Kenya e che vive in uno slum, dimostrando che la letteratura non è solo appannaggio dei ricchi, e Lily Mabura, che è stata finalista del Caine Prize con la sua storia “How Shall We Kill the Bishop”.
L’atro quesito sollevato recentemente da “Che libro fa…” riguardo alla letteratura africana è: “ma i neri sudafricani leggono?”. Con riferimento ad un articolo pubblicato sul Times sudafricano che ha creato numerose polemiche e aperto un dibattito, appaiono cause diverse dalla presunzione, razzista, che i neri non leggano. Ovvero, non ci sono biblioteche nelle scuole, scarseggiano le librerie (l’unica di Soweto ha appena chiuso) e, non da ultimi, la gente ha altre cose a cui badare, come ad esempio procacciarsi il cibo per il pranzo di domani. Credo che sia il problema di molti paesi africani. Progetti timidi e personali spuntano qua e là (con una mia amica un tempo era nata l’idea di spedire dei libri in Afghanistan, vedi il banner “A Modest Proposal” qui a fianco), ma chissà perché le persone più volonterose sono sempre quelle prive di fondi. E’ vero: ci sono cose più importanti, come aprire ospedali ed ambulatori, ma il progresso si ottiene solo attraverso l’istruzione, l’ha detto qualcuno di famoso, credo.
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