Friday, October 29, 2010

"Lolita" di Vladimir Nabokov


Anno di prima pubblicazione: 1955
Genere: romanzo
Paese: USA

La mia recensione di "Lolita" è uscita nella rivista culturale Paper Street ed è disponibile a questo link (ora si può anche votare e commentare sul sito!). Nel frattempo vi lascio qualche parola sull'autore, con curiosità:

Vladimir Vladimirovic Nabokov, idolatrato da uno stuolo di scrittori cool di madrelingua inglese, tra cui Zadie Smith, John Updike e Martin Amis, nacque a San Pietroburgo, in Russia, da una famiglia della piccola nobiltà. Raccontava di aver imparato l’inglese ancora prima del russo grazie alla sua bambinaia inglese, un po’ come Jorge Luis Borges. Con la sua famiglia fuggì dalla Russia alla vigilia della rivoluzione bolscevica, pensando di rimanere solo per qualche mese lontano dalla Prospettiva Nevskij e invece se ne andò per sempre. Girò per parecchi paesi europei per poi attraversare l’oceano e finire negli Stati Uniti d’America. Scrisse i suoi primi romanzi in russo (“La Difesa di Luzin”, “Invito a una decapitazione) e poi passò all’inglese, lingua nella quale scrisse il suo capolavoro, “Lolita”. Lui, la devota moglie Vera e l’unica figlio Dmitri soffrivano tutti di sinestesia, un disturbo per il quale si mescolano le esperienze sensoriali. Questo lo portò ad associare determinate lettere dell’alfabeto a determinati colori o sensazioni.
Nabokov scriveva i suoi romanzi a matita su delle “index cards”, le tessere per fare gli schedari.Vi scriveva pezzetti di prosa e dialoghi, poi mescolava le carte e gli usciva il romanzo. Era un appassionato scacchista (come Kubrick) e creava problemi di scacchi da pubblicarsi sulle riviste, amava giocare a tennis (se avete letto “Lolita” farete un cenno di assenso) e collezionava farfalle, molte delle quali consegnava al museo di storia naturale. Era noto per le sue “opinioni forti” (per esempio odiava Freud, perché troppo “fallico”) e di sé stesso disse “I think like a genius, I write like a distinguished author and I speak like a child”, ovvero “Penso come un genio, scrivo come un illustre autore e parlo come un bambino”. Altri suoi romanzi importanti sono “Pnin” e “Ada”.

Friday, October 22, 2010

“Controvento” di Angeles Caso


Anno di prima pubblicazione: 2009
Genere: romanzo
Paese: la scrittrice è spagnola, ma il libro è ambientato tra Capo Verde, il Portogallo, la Spagna e l'Angola.

“Controvento” è la storia di São, una donna capoverdiana che dal suo arcipelago al largo della costa del Senegal decide di emigrare in Europa e di navigare (ma anche correre) controvento. Nonostante tutte le avversità, infatti, il desiderio di vivere e la grande forza di questa donna - bistrattata dalla madre, maltrattata dal marito e il cui sogno di diventare medico è stato disintegrato dalla cruda realtà in cui però non si rassegna a vivere - superano di molto l’apatia e la rassegnazione delle donne occidentali, la cui vita è ormai rinsecchita e risucchiata di ogni linfa vitale.
Angeles Caso è figlia di un eminente filologo, dice la breve biografia nell’aletta che esce dalla quarta di copertina di “Controvento”, ed ha deciso di diventare scrittrice per regalare un finale alla ballata di Arnaldo, un incompiuto spagnolo del Cinquecento che il padre le raccontava per farla addormentare. Diventata scrittrice a tempo pieno, Angeles Caso ha deciso di scrivere un romanzo sulla sua babysitter capoverdiana perché qualcuno le aveva rimproverato di scrivere solo di aristocrazia. Questa decisione le ha portato fortuna, perché “Controvento” ha vinto il premio Planeta, il più importante della Spagna, e ha causato molte discussioni, dentro e fuori dal paese. Non è infatti una cosa comune che una scrittrice europea “autoctona”, scriva delle persone “non autoctone” che ci tengono la casa pulita, ci fanno trovare la biancheria lavata e stirata ben piegata nei cassetti o mettano a letto i nostri bambini. Nella mia esperienza personale, questa è la seconda lettura spagnola di questo genere: la prima è stata “Cosmofobia” di Lucía Etxebbaría, un libro che però mi ha lasciato perplessa in alcuni punti. Angeles Caso non ha scritto questo romanzo perché scrivere sul multiculturalismo “fa figo”, ne sono sicura, ma perché è arrivata alla conclusione, forse dopo un suo percorso personale di dolore e di crescita, che la donna che le spolverava la casa e che badava ai bambini aveva una storia straordinaria alle spalle, una storia degna di essere raccontata, a differenza delle nostre banali esistenze vissute “nella bambagia”, a cui noi nonostante tutto diamo molta importanza. Essendo il libro in larga parte preso da una storia vera, alle volte ha le banalità che la verità ci riserva: São è una ragazzina studiosa ed intelligente che è costretta a lasciare la scuola prima del tempo per guadagnarsi il pane e quando le viene offerta l’occasione giusta emigra in Europa, lavorando come cameriera o donna delle pulizie e subendo anche qualche episodio di razzismo.La storia è popolata esclusivamente da donne, che vivono in un mondo completamente estraneo a quello degli uomini, che qui sono contorno, spesso privi di comprensione ed empatia. Assorbiti dall’incombenza di portare il pane a casa e comprarsi una casa al paese natale, trattano spesso le donne come zerbini, alzano la voce e le mani sulle loro compagne, privandole di ogni diritto ad esprimere la loro opionione. Non solo la protagonista ma anche Natercia, Jovita e Liliana sono donne forti (ecco che mi esce un parallelo con le tre donne forti di Marie NDiaye), che riescono a stare in piedi anche senza l’aiuto di un marito, di un uomo. “Controvento” è in altre parole un inno alla forza di noi donne, alla nostra capacità di rinascere dalla cenere e al nostro spirito di solidarietà, che ci sorregge anche nei momenti più bui.

Monday, October 11, 2010

La legge sul prezzo del libro che danneggia i più deboli

Quando entriamo in libreria vediamo spesso sconti del 10 o 15 % su tutti gli Oscar Mondadori o su quasi tutto il catalogo della Feltrinelli. Se ci fate caso, tali sconti e promozioni non vengono quasi mai fatti su libri pubblicati da editori più piccoli. Io mi sono sempre chiesta il perché e il percome di questi sconti.

In questi giorni un disegno di legge che regolamenta proprio questi sconti e promozioni è in dirittura d’arrivo al Senato. Sebbene la proposta di legge dell’Onorevole Ricardo Franco Levi (Pd) difenda in apparenza i piccoli editori e le librerie indipendenti, in realtà fa esattamente il contrario. Un piccolo ma agguerrito gruppo di piccoli e medi editori – che include fra gli altri Donzelli, Minimum Fax, Sellerio e Neri Pozza – sta protestando in questo senso. Alla Buchmesse, la fiera del libro di Francoforte, per esempio, si è tenuto un convegno sull’argomento invitando alcune case editrici straniere, tra cui il francese Gallimard.

La legge proposta, impone un limite di sconto del 15 % con la possibilità di fare sconti durante tutti mesi dell’anno, senza limiti (a parte per il mese di dicembre). Voi amanti dei libri direte che è troppo poco e che in tempo di crisi bisogna fare sconti più sostanziosi, invogliando gli italiani a comprare più libri. Sono d’accordo che a volte i prezzi dei libri, soprattutto di quelli appena usciti, sono ancora alti in Italia, ma il problema che voglio sollevare è un altro. Il problema è che quello sconto agevola i grandi editori penalizzando invece i piccoli e medi editori, nonché le piccole librerie indipendenti che non possono permetterselo (ecco perché l’unica libreria decente vicino a casa mia non fa mai sconti, neanche quando è il mese dei suddetti sconti dei grandi gruppi editoriali). In Francia e in Germania c’è una legge piuttosto ferrea sul prezzo dei libri, mentre in Inghilterra dove il prezzo è ancora libero le grandi catene come Waterstone’s stanno rimpiazzando i librai indipendenti per cui strade come Charing Cross Road a Londra andavano famose.

L’appello dei Mulini a Vento, così ha deciso di chiamarsi questo gruppo che riunisce appunto piccoli e medi editori e librai, sta spingendo affinché il disegno di legge sull’editoria promosso dall’Onorevole Levi venga modificato e migliorato.

Che cos’è meglio, dunque? Prezzi scontatissimi tutto l’anno sui libri dei grandi editori e semi scomparsa delle librerie indipendenti e dei piccoli editori? Oppure prezzi fissi ma tutela dei più deboli?

Sunday, October 10, 2010

"Wolf Hall" by Hilary Mantel


Year of first publication: 2009
Genre: historical fiction
Country: United Kingdom

The story is one that has been told many times: Henry VIII wants a male heir and he wants it so badly as to ask the Pope for a divorce from his wife Katherine. The problem is that his wife is aunt to Emperor Charles V, so the Pope will not grant Henry his divorce, in order not to displease the most powerful man in Europe. Henry is impatient: he has a lover who goes by the name of Anne Boleyn and she is likely to give him a son, whereas Katherine has been able to give birth to one single daughter, Mary (later to be known as Bloody Mary). Hilary Mantel chooses to tell this story from the point of view of Thomas Cromwell, son of a blacksmith and thus born low, later a soldier and a cloth dealer, later again a lawyer, a secretary to Cardinal Wolsey and finally King Henry’s chief minister. The book is really the story of his rise to power on the background of the king’s great matter, as it was called at the time.
I am lucky enough to know quite a lot about the court of the Tudors, because I have watched “The Tudors”, an English TV show that despite being inaccurate at times gives an idea of the major characters at stake. I have also read a book recently about the “marital problems” of King Henry (“The Six Wives of Henry VIII” by Antonia Fraser). I find the Tudors one of the most fascinating dynasties in history and for sure it is the most engaging soap-opera I have ever seen. If you don’t know much about the people buzzing around King Henry at the time, I think you’ll struggle a bit with this novel. Henry’s best friend Charles Brandon whom he made duke, the powerful Cardinal Wolsey with his ambition to be Pope, the Boleyns, the Seymours and the Howards, Katherine and her ladies-in-waiting, the ambassadors, Thomas More, they all appear in the book and play their role in the development of the story. Nonetheless, Thomas Cromwell is the absolute protagonist of “Wolf Hall”: everything is seen from his point of view, despite the fact that the novel is in the third person. Usually Thomas Cromwell is depicted as a stone-cold and shrewd person, almost a villain, but Hilary Mantel depicts him as a sensitive person, fond of his family and of his protector, the Cardinal. Of course he’s ambitious and I dare say on the good side of shrewdness, if there is one. He’s learned, almost enlightened, he appreciates Italian painting and has a gift for languages. I was delighted by this book and by the world it opens on: Thomas Cromwell is not just a name on a history book, but he steps into the real world. He has passions, faults, virtues of course, doubts and secrets. And so is King Henry, Mary and Anne Boleyn, Thomas More and all the historical characters of the book. I’m waiting for the sequel that Hilary Mantel is writing (the book ends abruptly when King Henry is about to stop by the Seymour and fall in love with Jane, later to become his third wife). Much has been said about “Wolf Hall” since it won the Booker Prize, for example on the meaning of the expression “historical fiction”. It is obvious that Hilary Mantel did a lot of research to write this book, but it’s impossible for a book set in the 16th century to be 100% accurate, not only because it would ruin the literary value of the work, but also because there are many things we don’t know or we are not sure of. Were Mary Boleyn’s children actually the king’s? Did he also sleep with Anne and Mary’s mother? Did Anne make love to distinguished courtier-poet Thomas Wyatt and was she betrothed to Henry Percy, before she became the king’s mistress? Hilary Mantel resolves this by hinting at things we are not sure of as gossips of the time, but even if she changed things, I personally believe that’s alright, as long as you claim yours is just fiction.
Mantel chooses contemporary spelling over “ye olde-style diction”, as Christopher Tayler writes on “The Guardian”, and present tense over the past tenses, giving an aura of uncertainty to the story (of course Thomas Cromwell doesn’t know that they’ll all end with their heads on the block, whereas we know it). They must have been good choices, because after 650 pages you end up wanting more of the Tudor court as imagined by Hilary Mantel.


About the author: Hilary Mantel was born in Glossop, Derbyshire, in 1952. Her first novel, “Every Day is Mother’s Day”, was published in 1985 and its sequel, “Vacant Possession”, a year later. She has written several novels after that, including “The Giant, O’Brien” (1998) and “Giving Up the Ghost” (2003). With “Wolf Hall” (2009), she won the Booker Prize.

Thursday, October 7, 2010

Nobel per la Letteratura a Vargas Llosa

Il premio Nobel per la letteratura è stato assegnato oggi a Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano nato nel 1934 e diventato tra i grandi della letteratura del continente sudamericano. La motivazione della giuria che assegna quello che è ancora, volente o nolente, il premio più importante per la carriera di uno scrittore è stata "per la sua cartografia delle strutture del potere e le sue immagini incisive di resistenza, rivolta e sconfitta dell'individuo". Come non pensare, leggendo questa frase al suo romanzo più famoso e più riuscito, "La Festa del Caprone", storia dell'ascesa e della caduta un dittatore. Su questo blog ho parlato di due romanzi di questo scrittore, "La Zia Julia e lo scribacchino" e, appunto, "La Festa del Caprone". Ho anche letto, anni fa, "Il Paradiso è altrove" e "I cuccioli". Più avanti, se avrò tempo e voglia, magari vi parlo del primo, che è un romanzo forse "secondario" di Vargas Llosa, ma che a me è piaciuto molto perché parla della vita del pittore Gauguin.

The Nobel Prize in Literature was awarded today to Mario Vargas Llosa, a Peruvian writer born in 1934 who has become one of the greatest in his continent. The motivationof of the jury for this prize, which is still the most important in a writer's career, was "for his cartography of structures of power and his trenchant images of the individual's resistence, revolt and defeat". After reading this sentence it is impossible not to think of his most famous and well-crafted novel, "The Feast of the Goat" (La Fiesta del Chivo), history of the rise and fall of a dictator. On this blog I have written of two of his novels, "Aunt Julia and the Scriptwriter" (La Tià Julia y el Escribidor) and the aforementioned "The Feast of the Goat" (La Fiesta del Chivo). I have also read, years ago, "The Way to Paradise" ("El Paraiso en la Otra Esquina") and "Los Cachorros". Maybe I will write about the former, which is a less famous work by Vargas Llosa but one that I liked, because it relates the life of Paul Gauguin, the painter.

Sunday, October 3, 2010

"Il Palazzo delle Illusioni" di Chitra Banerjee Divakaruni

Anno di prima pubblicazione: 2008
Genere: romanzo, romanzo epico
Paese: India


La recensione di questo libro è uscita sulla rivista di cultura Paper Street è la puoi leggere a questo link.

Vi lascio un video (in inglese) tratto dal film che nomino nella recensione, il "Mahabharata" di Peter Brook. Riconoscerete, nel ruolo di Arjuna, Vittorio Mezzogiorno.