Uscirà una sua intervista il 25 febbraio su Io Donna.
A blog about books from all around the world, with an emphasis on everything postcolonial.
Monday, February 20, 2012
Anticipazione wildiana
E' addirittura candidato al Nobel, anche se non so come funzioni la faccenda dato che io di candidature ufficiali non ne ho mai viste. E' uno degli scrittori di culto negli Stati Uniti, uno di quelli che devi sempre nominare per sentirti figo. E io non ho letto una singola riga di quello che ha scritto. No, non è vero, mi sembra di avere letto un suo reportage. Si tratta di Jonathan Franzen, un tipo occhialuto (ma anche gli occhiali sono da 'hipster', quindi non conta). E' così sicuro di sé, come scrittore non come seduttore (campo dove invece pare batta la fiaca), che rileggendo il suo libro non può far altro che congratularsi per come è scritto bene.
Friday, February 17, 2012
"A Room of One's Own" by Virginia Woolf
Virginia Woolf's groundbreaking essay 'A Room of One's Own' is essential for anyone venturing the field of women's studies. The more I read it, the more I find things to discuss about it. Despite the fact that women's lives have changed a lot since 1928, when Woolf gave the lectures that were later collected in the form of this extended essay, I still find it relevant.
Its core thesis that 'woman must have money and a room of one's own if she is to write fiction' is backed up by other considerations regarding women and literature. Women in Woolf's time were not allowed to walk on the turf at Oxbridge, because they were not admitted as full members of the university (in Cambridge this changed only in 1948). Even if there were a few colleges for women, in fact, they were considered second-class students. Woolf, who creates the fictitious university of Oxbridge which conflates both Oxford and Cambridge, adopts a playful narrative strategy (later criticized by feminists such as Elaine Showalter). The woman in the essay (she is Woolf and at the same time she is not her) wants to look at a manuscript in the library, in order to absorb the same literary environment of her favourite writers and essayists. Unfortunately, if not escorted or without a letter of introduction, women are not allowed in the library. This is proof of how women were left outside of the literary world, they were denied the possibility of becoming Shakespeares or Miltons. Woolf's famous evocation of Shakespeare's sister Judith, equally talented but born in a female body, goes in the same direction. At a certain point in the narrative, the protagonist spots a cat walking on that same grass that was denied to her. She makes an immediate connection between women and animals. Can cats walk on the turf? Can cats ever become members of Oxbridge? Thus the utterance 'Cats do not go to heaven. Women cannot write the plays of Shakespeare'. It may sound outdated, but when Woolf wrote 'A Room of Ones' Own' many male authors still maintained that women were no good at literature, thus the exclusion from the most prestigious universities of the world.
Many expressions used by Woolf in the essay stuck: "Virginia's web", for example, refers to this passage: 'fiction is like a spider's web, attached ever so lightly perhaps, but still attached to life at all four corners'. Other expressions were used by later movements, such as "Chloe likes Olivia", by lesbians. Woolf in fact argued that friendships between women were always narrated in relation to men. If this is a reference to homosexual love is unsure, but I personally do not think so (even though Woolf's family environment was quite liberal in that sense, her sister Vanessa having an open marriage and acknowledging that one of her lovers was in fact homosexual). She also anticipated many concepts of feminist thought (écriture feminine and deconstructive theories of gender), but she also was a woman of her time. There is in fact a passage that has been harshly criticized by black feminists: 'It is one of the great advantages of being a woman that one can pass even a very fine negress without wishing to make an Englishwoman of her'. This sentence makes the dubious assumption that women are alien to colonialism, that this impulse is unmistakeably masculine, also excluding black women from the category of women. Paraphrasing Sojourner Truth (and bell hooks) aren't black women also women?
Apart from this technical considerations (I have been studying the essay and it is important for my research project, even though the connection to Indian women's writing may not seem obvious at first sight), I can only conclude by saying that 'A Room of One's Own' is a wonderful book. Those who have been reading this blog for a while know that I have a strong admiration for Virginia Woolf and that I cherish her works. This extended essay is written with pathos and it is unlike any other work you have read. Almost a century has passed since she wrote it, but many of the things in this essay will be buzzing in your head long after you have read this book. Just another example of Woolf's genius: when the protagonist goes into the British Museum looking for books about women and poverty, she incidentally starts looking for books about men, that is to say about the experience of being male, about masculinity in other words, and finds none. I think this is still true: how many books are written about women, by both male and female authors? Yet, few books (in comparison) are distincly about masculinity, as this is still considered to be the norm, while being female is a mark of diversity and it needs to be studied.
Sunday, February 5, 2012
Calderón e García Lorca: un ponte lungo trecento anni?
Stavo leggendo La Vita è Sogno di Calderón de la Barca. Ti ci vuole un bel po' di tempo per capire che per il grande drammaturgo del Siglo de Oro non è che la vita sia proprio un sogno, nel senso di un'illusione o di una cosa che non possiamo controllare, o di un mondo alternativo dove non dobbiamo rendere conto delle nostre azioni. Nell'opera il giovane principe di Polonia, Sigismundo, è rinchiuso in una torre a causa di una previsione astrologica nefasta. Egli, infatti, è destinato a diventare un tiranno. Suo padre, il vecchio re Basilio, gli concede però una possibilità: lo libera per qualche ora per vedere se il suo carattere è davvero malvagio. Sigismundo, ritrovatosi improvvisamente libero e potente, ne approfitta per fare un po' di testa sua e vendicarsi di tutto e di tutti. Il re, quindi, lo rinchiude di nuovo, fancendogli credere di aver sognato di essere principe e libero. Ecco quindi, alla fine del secondo atto, il monologo che segue:
Sueña el rey que es rey, y vive
con este engaño mandando,
disponiendo y gobernando;
y este aplauso, que recibe
prestado, en el viento escribe,
y en cenizas le convierte
la muerte, ¡desdicha fuerte!
¿Que hay quien intente reinar,
viendo que ha de despertar
en el sueño de la muerte?
Sueña el rico en su riqueza,
que más cuidados le ofrece;
sueña el pobre que padece
su miseria y su pobreza;
sueña el que a medrar empieza,
sueña el que afana y pretende,
sueña el que agravia y ofende,
y en el mundo, en conclusión,
todos sueñan lo que son,
aunque ninguno lo entiende.
Yo sueño que estoy aquí
destas prisiones cargado,
y soñé que en otro estado
más lisonjero me vi.
¿Qué es la vida? Un frenesí.
¿Qué es la vida? Una ilusión,
una sombra, una ficción,
y el mayor bien es pequeño:
que toda la vida es sueño,
y los sueños, sueños son.
[Qui la traduzione italiana]
Queste riflessioni di Sigismundo sembrerebbero avvalorare l'assioma di Calderón, cioè che la vita è come un sogno, per la sua fugacità se non altro. Manca però tutto l'atto terzo, in cui le intenzioni di Basilio falliscono, ed il libero arbitrio prende il sopravvento sulla predestinazione. E' uno scontro generazionale, dove il vecchio re si ritroverà ai piedi del figlio, ma non schiacciato da quest'ultimo come aveva temuto. Sarà egli, infatti, a ritrarsi dinanzi al figlio. La predestinazione si rivelerà in un certo senso corretta, perché Basilio, rinchiudendo il figlio e privandolo sostanzialmente di una vita, aveva creato il mostro che tanto temeva. Sarà proprio Sigismundo, tuttavia, forte delle riflessioni sulla sua esperienza da tiranno e appoggiandosi agli esempi delle persone che gli stanno intorno, a mutare e ad imparare a domare i propri istinti animaleschi. L'opera si chiude quindi con un'affermazione dell'importanza del buon governo, delle buone azioni innanzi alla bestialità, alla violenza insita in noi tutti (come non ricordare qui l'incipit del dramma, quell' "hipógrifo violento, / que corriste parejas con el viento"?).
Quest'affermazione ("la vida es sueño") e la sua messa in discussione all'interno del testo (le interpretazioni si sprecano), mi ha fatto venire in mente un verso spesso citato –
"No es sueño la vida. ¡Alerta!"
–
di una poesia di García Lorca, contenuta nel suo lavoro che più amo, Poeta en Nueva York, scritto durante un viaggio nella città americana che al poeta spagnolo appariva come spaventosa, con i suoi enormi grattacieli e un'imperante frenesia che non faceva chiudere occhio ai suoi abitanti. Si tratta proprio di quella stessa frenesia che cita Calderón trecento anni prima (anche se lì ha l'accezione di eccitazione, delirio), che forse se ci pensiamo bene qui ha la stessa valenza anche se usata in un contesto diverso. La raccolta di poesie di García Lorca, però, è famosa come la sua svolta surrealista e a me il surrealismo fa venire in mente la dimensione onirica, quella enfatizzata da Dalí o da Buñuel per capirci. Quindi, mentre Calderón probabilmente finisce per negare che la vita sia come un sogno, smentendo così Platone, era García Lorca dell'opinione che la vita, per lo meno questa che lui stava sbirciando nella città più moderna della sua epoca, è un incubo? Chissà se Lorca voleva citare proprio il testo di Calderón de la Barca. Io non sono un'ispanista, quindi non ho risposte, però il ponte è suggestivo.
Ciudad Sin Sueño (Nocturno del Brooklyn Bridge)
No duerme nadie por el cielo. Nadie, nadie.
No duerme nadie.
Las criaturas de la luna huelen y rondan sus cabañas.
Vendrán las iguanas vivas a morder a los hombres que no sueñan
y el que huye con el corazón roto encontrará por las esquinas
al increíble cocodrilo quieto bajo la tierna protesta de los astros.
No duerme nadie por el mundo. Nadie, nadie.
No duerme nadie.
Hay un muerto en el cementerio más lejano
que se queja tres años
porque tiene un paisaje seco en la rodilla;
y el niño que enterraron esta mañana lloraba tanto
que hubo necesidad de llamar a los perros para que callase.
No es sueño la vida. ¡Alerta! ¡Alerta! ¡Alerta!
Nos caemos por las escaleras para comer la tierra húmeda
o subimos al filo de la nieve con el coro de las dalias muertas.
Pero no hay olvido, ni sueño:
carne viva. Los besos atan las bocas
en una maraña de venas recientes
y al que le duele su dolor le dolerá sin descanso
y al que teme la muerte la llevará sobre sus hombros.
Un día
los caballos vivirán en las tabernas
y las hormigas furiosas
atacarán los cielos amarillos que se refugian en los ojos de las vacas.
Otro día
veremos la resurrección de las mariposas disecadas
y aún andando por un paisaje de esponjas grises y barcos mudos
veremos brillar nuestro anillo y manar rosas de nuestra lengua.
¡Alerta! ¡Alerta! ¡Alerta!
A los que guardan todavía huellas de zarpa y aguacero,
a aquel muchacho que llora porque no sabe la invención del puente
o a aquel muerto que ya no tiene más que la cabeza y un zapato,
hay que llevarlos al muro donde iguanas y sierpes esperan,
donde espera la dentadura del oso,
donde espera la mano momificada del niño
y la piel del camello se eriza con un violento escalofrío azul.
No duerme nadie por el cielo. Nadie, nadie.
No duerme nadie.
Pero si alguien cierra los ojos,
¡azotadlo, hijos míos, azotadlo!
Haya un panorama de ojos abiertos
y amargas llagas encendidas.
No duerme nadie por el mundo. Nadie, nadie.
Ya lo he dicho.
No duerme nadie.
Pero si alguien tiene por la noche exceso de musgo en las sienes,
abrid los escotillones para que vea bajo la luna
las copas falsas, el veneno y la calavera de los teatros.
[Vedi la traduzione italiana qui]
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