Quest’anno finalmente sono andata a quella meravigliosa manifestazione che è il Festivaletteratura di Mantova, la città dei Gonzaga, di Rigoletto e di Virgilio.
Il mio primo incontro, sotto il tendone del Cortile della Cavallerizza, presso il Palazzo Ducale, è stato con lo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi. Il pubblico, “quello delle grandi occasioni” lo hanno successivamente definito i giornalisti, comprendeva anche Alain Elkann, noto estimatore del festival, in prima fila. Famoso soprattutto per il suo primo romanzo “Il Budda delle Periferie” (1990) e per la sceneggiatura del film “My Beautiful Laundrette” (1985), negli ultimi anni Kureishi ha toccato varie tematiche nella sua attività di scrittore: la sessualità, le relazioni padre-figlio, il successo professionale e il fallimento sul piano personale, la disillusione per la politica e, non da ultimo, la sua ossessione per gli analisti, che ricorrono tre volte nella sua ultima raccolta di racconti, “Il Declino dell’Occidente”. Gli analisti, spiega Kureishi all’intervistatore Gabriele Romagnoli, sono le persone più invidiate da noi scrittori, perché hanno a che fare con le persone più perverse, they are so close to the Hitchcockian. Ed è proprio questo che sembra fare Kureishi nella sua narrativa: parlare di quelle cose che “ammorbano” la nostra vita, quelle tante stranezze e perversioni che solo i migliori scrittori sanno catturare nella loro arte. Il “declino dell’occidente” di cui parla Kureishi è il declino di una generazione, la stessa del Budda delle Periferie, ma invecchiata, disillusa e nostalgica di un tempo in cui si poteva, o anche solo si voleva, cambiare il mondo. E’una generazione di quaranta e cinquantenni che hanno a che fare con tutta una serie di nuove esperienze: il divorzio, i figli appunto, oppure i nuovi avvicendamenti della politica internazionale e le sue conseguenze sulla vita di tutti i giorni.
La conversazione vira sulla realtà contemporanea, fermandosi sulla politica. Tony Blair, secondo lo scrittore londinese, è stato una forte delusione, perché i laburisti, dopo anni di dominio conservatore thatcheriano, si aspettavano un cambiamento in meglio. Kureishi, in vena di confessioni e non disdegnando battute di spirito sempre sagaci, afferma che se sei left-wing and liberal vorresti spostare il nuovo libro di memorie di Tony Blair dalla sezione politica a quella della narrativa. Ma il momento in cui Tony Blair lo ha deluso per la prima volta è stato quando lo ha visto con Berlusconi, scherza Kureishi, lasciando però intendere che cosa pensa del nostro capo del governo: “Insieme hanno trascorso molte notti nella villa di Berlusconi, mi sarebbe piaciuto esserci. Immagino una scena alla Satyricon di Fellini, oppure avranno parlato di filosofia”. “I politici non rispecchiano per forza l’anima di un paese, anche se di certo fanno parte di noi”, puntualizza poi, quasi a tranquillizzarci.
In seguito l’incontro tocca toni quasi esistenziali, perché Kureishi finisce per parlare del rapporto padre-figlio e non solo dei suoi due gemelli adolescenti che gli chiedono se stia rimpicciolendo quando invece sono loro che stanno crescendo, ma anche del rapporto con suo padre, morto qualche anno fa. Il rapporto con la famiglia è stato per Kureishi notoriamente burrascoso, perché uno scrittore, e in particolar modo uno che usa elementi semi-autobiografici come Kureishi, manipola spesso materiale proveniente dalla storia della propria famiglia per costruire storie interessanti, anche nel senso morboso e perverso di cui si parlava prima. Il problema con i morti, afferma Kureishi, è che per zittirli non puoi nemmeno portarli al cinema. Questo per dire che la figura del padre ritorna spesso nella sua attività di scrittore, magari in forme diverse. Nella sua esperienza, le litigate con il padre per fatti successi 35 anni fa non sono per nulla terminate.
Nella sua vita, prosegue Kureishi tornando in ambito più prettamente letterario, sono cambiate molte cose, ma una cosa è rimasta costante ed è la passione per la scrittura. Quando ha iniziato a scrivere (il suo primo romanzo, “Il Budda delle Periferie”, parla dell’integrazione dei giovani asiatici e anglo-asiatici nella società inglese degli anni ’70), sentiva che descrivere il cambiamento dell’Inghilterra in chiave multietnica era necessario ed interessante, e che ancora oggi, a livello europeo, se ci sono degli scrittori che descrivono i cambiamenti dell’Italia o della Spagna in questo senso negli ultimi dieci anni, questi sono sicuramente tra i più importanti e validi in circolazione.
L’incontro termina con il ringraziamento dell’intervistatore, che afferma a ragione che Hanif Kureishi con questo incontro ha fatto letteratura.
Il mio primo incontro, sotto il tendone del Cortile della Cavallerizza, presso il Palazzo Ducale, è stato con lo scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi. Il pubblico, “quello delle grandi occasioni” lo hanno successivamente definito i giornalisti, comprendeva anche Alain Elkann, noto estimatore del festival, in prima fila. Famoso soprattutto per il suo primo romanzo “Il Budda delle Periferie” (1990) e per la sceneggiatura del film “My Beautiful Laundrette” (1985), negli ultimi anni Kureishi ha toccato varie tematiche nella sua attività di scrittore: la sessualità, le relazioni padre-figlio, il successo professionale e il fallimento sul piano personale, la disillusione per la politica e, non da ultimo, la sua ossessione per gli analisti, che ricorrono tre volte nella sua ultima raccolta di racconti, “Il Declino dell’Occidente”. Gli analisti, spiega Kureishi all’intervistatore Gabriele Romagnoli, sono le persone più invidiate da noi scrittori, perché hanno a che fare con le persone più perverse, they are so close to the Hitchcockian. Ed è proprio questo che sembra fare Kureishi nella sua narrativa: parlare di quelle cose che “ammorbano” la nostra vita, quelle tante stranezze e perversioni che solo i migliori scrittori sanno catturare nella loro arte. Il “declino dell’occidente” di cui parla Kureishi è il declino di una generazione, la stessa del Budda delle Periferie, ma invecchiata, disillusa e nostalgica di un tempo in cui si poteva, o anche solo si voleva, cambiare il mondo. E’una generazione di quaranta e cinquantenni che hanno a che fare con tutta una serie di nuove esperienze: il divorzio, i figli appunto, oppure i nuovi avvicendamenti della politica internazionale e le sue conseguenze sulla vita di tutti i giorni.
La conversazione vira sulla realtà contemporanea, fermandosi sulla politica. Tony Blair, secondo lo scrittore londinese, è stato una forte delusione, perché i laburisti, dopo anni di dominio conservatore thatcheriano, si aspettavano un cambiamento in meglio. Kureishi, in vena di confessioni e non disdegnando battute di spirito sempre sagaci, afferma che se sei left-wing and liberal vorresti spostare il nuovo libro di memorie di Tony Blair dalla sezione politica a quella della narrativa. Ma il momento in cui Tony Blair lo ha deluso per la prima volta è stato quando lo ha visto con Berlusconi, scherza Kureishi, lasciando però intendere che cosa pensa del nostro capo del governo: “Insieme hanno trascorso molte notti nella villa di Berlusconi, mi sarebbe piaciuto esserci. Immagino una scena alla Satyricon di Fellini, oppure avranno parlato di filosofia”. “I politici non rispecchiano per forza l’anima di un paese, anche se di certo fanno parte di noi”, puntualizza poi, quasi a tranquillizzarci.
In seguito l’incontro tocca toni quasi esistenziali, perché Kureishi finisce per parlare del rapporto padre-figlio e non solo dei suoi due gemelli adolescenti che gli chiedono se stia rimpicciolendo quando invece sono loro che stanno crescendo, ma anche del rapporto con suo padre, morto qualche anno fa. Il rapporto con la famiglia è stato per Kureishi notoriamente burrascoso, perché uno scrittore, e in particolar modo uno che usa elementi semi-autobiografici come Kureishi, manipola spesso materiale proveniente dalla storia della propria famiglia per costruire storie interessanti, anche nel senso morboso e perverso di cui si parlava prima. Il problema con i morti, afferma Kureishi, è che per zittirli non puoi nemmeno portarli al cinema. Questo per dire che la figura del padre ritorna spesso nella sua attività di scrittore, magari in forme diverse. Nella sua esperienza, le litigate con il padre per fatti successi 35 anni fa non sono per nulla terminate.
Nella sua vita, prosegue Kureishi tornando in ambito più prettamente letterario, sono cambiate molte cose, ma una cosa è rimasta costante ed è la passione per la scrittura. Quando ha iniziato a scrivere (il suo primo romanzo, “Il Budda delle Periferie”, parla dell’integrazione dei giovani asiatici e anglo-asiatici nella società inglese degli anni ’70), sentiva che descrivere il cambiamento dell’Inghilterra in chiave multietnica era necessario ed interessante, e che ancora oggi, a livello europeo, se ci sono degli scrittori che descrivono i cambiamenti dell’Italia o della Spagna in questo senso negli ultimi dieci anni, questi sono sicuramente tra i più importanti e validi in circolazione.
L’incontro termina con il ringraziamento dell’intervistatore, che afferma a ragione che Hanif Kureishi con questo incontro ha fatto letteratura.
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