Anno di prima pubblicazione: 2010
Genere: autobiografia/memoir
Paese: Italia
Il nuovo libro di Igiaba Scego è per molti sensi diversissimo da "Oltre Babilonia". Ovviamente la Somalia c'è (e come potrebbe non esserci!), ma questa volta si tratta di una storia autobiografica. Un "bildungsroman", come l'ha definito Michael Braun nella recensione uscita questa settimana su Internzionale. Igiaba è nata a Roma da genitori somali e ha una famiglia sparsa in giro per il mondo. Il racconto inizia infatti "in una casina incasinata di Barack Street a Manchester", dove vive il fratello di Igiaba. Non vi dico qual è la piccola epifania di Igiaba, ma se vi dico che riguarda una scatola di pastelli e le due città che le stanno più a cuore potete già intuire qualcosa. I titoli dei capitoli hanno nomi come Piazza "Santa Maria Sopra Minerva" e "La Stele di Axum". Il libro si configura quindi come una specie di geografia dell'identità di una giovane italiana nera, cresciuta all'ombra del Colosseo ma che non ha mai mangiato le penne all'amatriciana (perché c'è il maiale, scemi, cosa pensavate, che non si fosse ancora "integrata"?).
E' un racconto che non ha paura di parlare dei momenti più bui dell'adolescenza, dei drammi del "caos somalo" e della diaspora, fino alla bulimia. Quello che mi piace di più di questa scrittrice, ma mi pare di averlo già scritto in un altro post, è che in un suo libro ci mette dentro tutto quello che le piace (e anche quello che la fa arrabbiare): Chico Buarque, lo Stadio Olimpico, Malcolm X, le fiabe somale…
E' un libro che mi piacerebbe regalare alla biblioteca del mio paese, che è anche la biblioteca scolastica, perché credo sia un’ottima lettura per i ragazzi.
Vi lascio il link di un’intervista all’autrice uscita su Nazione Indiana (e per una volta non c’entra l’India), dove si parla della situazione dell’editoria e della cultura in Italia. In particolare dice una cosa che ho sempre pensato anch’io sulle sezioni dei quotidiani dedicate alla letteratura:
Genere: autobiografia/memoir
Paese: Italia
Il nuovo libro di Igiaba Scego è per molti sensi diversissimo da "Oltre Babilonia". Ovviamente la Somalia c'è (e come potrebbe non esserci!), ma questa volta si tratta di una storia autobiografica. Un "bildungsroman", come l'ha definito Michael Braun nella recensione uscita questa settimana su Internzionale. Igiaba è nata a Roma da genitori somali e ha una famiglia sparsa in giro per il mondo. Il racconto inizia infatti "in una casina incasinata di Barack Street a Manchester", dove vive il fratello di Igiaba. Non vi dico qual è la piccola epifania di Igiaba, ma se vi dico che riguarda una scatola di pastelli e le due città che le stanno più a cuore potete già intuire qualcosa. I titoli dei capitoli hanno nomi come Piazza "Santa Maria Sopra Minerva" e "La Stele di Axum". Il libro si configura quindi come una specie di geografia dell'identità di una giovane italiana nera, cresciuta all'ombra del Colosseo ma che non ha mai mangiato le penne all'amatriciana (perché c'è il maiale, scemi, cosa pensavate, che non si fosse ancora "integrata"?).
E' un racconto che non ha paura di parlare dei momenti più bui dell'adolescenza, dei drammi del "caos somalo" e della diaspora, fino alla bulimia. Quello che mi piace di più di questa scrittrice, ma mi pare di averlo già scritto in un altro post, è che in un suo libro ci mette dentro tutto quello che le piace (e anche quello che la fa arrabbiare): Chico Buarque, lo Stadio Olimpico, Malcolm X, le fiabe somale…
E' un libro che mi piacerebbe regalare alla biblioteca del mio paese, che è anche la biblioteca scolastica, perché credo sia un’ottima lettura per i ragazzi.
Vi lascio il link di un’intervista all’autrice uscita su Nazione Indiana (e per una volta non c’entra l’India), dove si parla della situazione dell’editoria e della cultura in Italia. In particolare dice una cosa che ho sempre pensato anch’io sulle sezioni dei quotidiani dedicate alla letteratura:
Le terze pagine dei giornali sono spesso per la sottoscritta una delusione
assoluta. Non tutte naturalmente, non sono il tipo da fare di tutta un’erba un
fascio. Però noto la tendenza dei giornali (soprattutto di quelli più grandi) di
fare più pubblicità che critica. Non libri quindi, ma merci. Sto cominciando a
diffidare dei paginoni e delle interviste al “divo” letterario di turno (che
stranamente sono quelli che scrivono noir. Mai che un paginone sia dedicato alla
poesia per esempio), sto cominciando a non leggere più i paginoni.
E poi sugli aiuti e le sovvenzioni agli scrittori:
Servono spazi, fondi, sovvenzioni. Per esempio in Italia per gli scrittori non c’è quasi nulla. Parlando con scrittori stranieri noto sempre come loro hanno più possibilità di poter mantenere la scrittura senza troppi sacrifici. Hanno un indotto per esempio nelle università, hanno accesso a borse di studio, hanno la possibilità di fare delle residenze all’estero. Io quando parlo con qualche scrittore straniero mi sento sempre un po’ in imbarazzo. Qui in Italia a volte fare lo scrittore è considerata una perdita di tempo. All’estero c’è un certo rispetto invece.
E se non siete ancora contenti c’è anche il link all’intervista di un’amicona cantante di Igiaba: l’italo-etiope- somala Saba Anglana.
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